A cura di Silvia Giordano
Dieci anni fa, più o meno in questo uggioso periodo autunnale, tornavo col pensiero al precedente anno accademico trascorso all’estero durante il mio percorso universitario. Un anno prima ero partita alla ricerca di stimoli, carica di entusiasmo e di terrore per quello che sarebbe stato il periodo più formativo e arricchente dei miei anni di studio. Una destinazione comoda, sufficientemente lontana da casa ma a meno di un giorno di treno da eventuali ricerche di conferme amico-familiari. Non è mai facile partire, ma allora contai su orme amiche che prima di me avevano sperimentato il programma Erasmus, e le paure più insidiose si erano già diradate.
Ma che cos’è il programma Erasmus? Quando è nato, e chi ha coinvolto?
Nel 2017 si è celebrato il trentesimo compleanno dell’Erasmus, nato come “programma di scambio per studenti dell’istruzione superiore. Sin dal primo anno, quando vi parteciparono 3200 studenti provenienti da 11 paesi europei (Belgio, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito e Spagna), il programma è stato in costante evoluzione.” Da Erasmus a Erasmus+: 30 anni di storia (europa.eu)
Al centro del pensiero della sua fondatrice Sofia Corradi – insignita nel 2016 dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana – la richiesta di vedere riconosciuti gli esami accademici conseguiti all’estero presso l’Università d’origine. Nel 1959 la giovane matricola in diritto comparato, oggi “mamma Erasmus”, poté partire per la Columbia University con una borsa Fulbright, diventando una delle prime donne meritevoli del prestigioso contributo. Purtroppo al ritorno alla studiosa fu impedito di vedere riconosciuto l’iter formativo svolto all’estero, con tanto di dileggio da parte della segreteria. Di qui la proposta, faticosamente implementata dopo qualche decennio di passi da gigante così riassumibile: un curriculum accademico finalizzato in Italia secondo le regole nostrane, il famoso memorandum del 1969 proposto alla Conferenza permanente dei rettori delle Università italiane, un disegno di legge rimasto impigliato nella V legislatura prematuramente sciolta e infine la Risoluzione del 9 febbraio 1976 della Comunità Economica Europea che incoraggiava gli scambi di studenti tra le università di diversi Paesi. Solo undici anni dopo, la luce!
“Erasmus” era destinato a diventare sinonimo di un’esperienza simbolica, potente e rivoluzionaria per le nuove generazioni di universitari. Doppiamente intesa come “European Region Action Scheme for the Mobility of University Students”, la mobilità offerta dallo scambio di studenti e studentesse deve la sua origine profonda a un altro tipo di scambio culturale che nel quindicesimo secolo fu al centro dell’esperienza del teologo, filosofo e umanista Erasmo da Rotterdam. L’umanista olandese, Desiderius Erasmus Roterodamus era interessato a conoscere le diverse culture che dimoravano nell’odierna Europa, e chissà che i viaggi in giro per la Francia, l’Italia e l’Inghilterra (per citarne alcuni) non abbiano ispirato quel dettagliato “Elogio della Follia” puntualmente declinato in varie categorie di persone, avvenimenti e riflessioni teologiche.
Ma quante persone, oggi, hanno accesso a questo programma?
L’Erasmus oggi. Dal “Grand Tour” al “Plus” di cui avevamo bisogno.
Dall’inizio della sua attività l’Erasmus ha dato la possibilità di viaggiare, conoscere, esplorare orizzonti culturali altri a oltre 10 milioni di persone, cui è stato offerto un ampio e ricco ventaglio di azioni e obiettivi formativi. Pensando all’esigua gamma di mobilità formative offerte in passato, è impressionante l’impatto giocato attualmente dal programma Erasmus: dal “Grand Tour” del XVII secolo riservato ad artisti maschi, di buona famiglia, tendenzialmente figli di un marcato privilegio sociale (vedi mio articolo 2019), si è passati a una partecipazione elevata e significativa di giovani curiose/i e motivate/i, non solo in ambito universitario: “tra il 2014 e il 2020 il Programma Erasmus+ in Italia ha coinvolto oltre 178mila persone e 124mila istituti dal mondo della scuola, l’università, la formazione tecnica e professionale, il mondo dell’educazione per gli adulti e i giovani.” (Dati – Erasmusplus).
Personalmente, dopo l’esperienza dello splendido anno accademico 2010/2011, la borsa universitaria non è stata la mia unica opportunità di confrontarmi con altri sistemi di pensiero e di vita all’interno del mondo Erasmus. Sono cambiate le modalità di accesso, oggi decisamente più diversificate a seconda del tipo di mobilità e del contesto verso cui si sceglie di partire. Grazie all’estensione delle proposte simboleggiata dal “plus” affiancato al nome del celebre programma, ho preso parte ad altri due scambi internazionali più brevi e diversamente intensi (uno in Italia, uno in Turchia), dove mi sono misurata con capacità di progettazione “in vitro” che mi hanno poi permesso di elaborare competenze preziose nel mondo del lavoro e nella mia vita di tutti i giorni.
Il programma Erasmus è diventato un sistema complesso e stratificato che oggi è presente in modo capillare e massiccio nel mondo della scuola, dove si rivolge anche al personale scolastico e non più solo agli studenti e alle studentesse interessate a partire per esperienze più o meno lunghe di formazione all’estero. Ma oltre alla scuola, le tre azioni-chiave in cui si suddivide il programma spaziano dal mondo dell’educazione formale a quello non formale, abbracciando ambiti di interesse quali l’apprendimento, l’innovazione e le buone pratiche, il sostegno alla riforma delle politiche. Un laboratorio di conoscenza, contaminazione ed empatia che dovrebbe diventare un diritto culturale a tutto tondo.
Ora, da adulta, ogni volta che lavoro a un progetto connesso all’Erasmus mi rallegra e mi conforta l’idea di poter supportare il viaggio di un’altra persona. Le nuove linee guida riferite al settennio europeo 2021-2027 considerano di alcuni temi preminenti, quali “l’inclusione sociale, la sostenibilità ambientale, la transizione verso il digitale e la promozione della partecipazione alla vita democratica da parte delle generazioni più giovani.” (Cos’è Erasmus+ – Erasmusplus).
Proprio alle nuove generazioni deve aver pensato Sofia Corradi quando, terminato il calvario burocratico nel lontano 1959, decise di trasformare quell’esperienza frustrante in opportunità per altre persone. La sua straordinaria e potente determinazione ci ricorda che siamo sempre debitori e debitrici del nostro sogno di futuro. Con l’Erasmus possiamo fornire una cassetta degli attrezzi ai ragazzi e alle ragazze affinché possano realizzare il loro. Più Erasmus, Erasmus+!
Per approfondire:
Da Erasmus a Erasmus+: 30 anni di storia (europa.eu)