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Appunti di Cooperazione Internazionale

La complessità del bene: tanti auguri al Processo di Norimberga

A cura di: Davide Garlini

I 75 anni non si compiono certo ogni giorno, quasi nessun animale ci arriva e, nel caso degli umani, si tratta di un traguardo importante, in alcune parti del mondo si è considerati dei veri e propri matuza, più o meno dappertutto si è considerati per lo meno anziani, sicuramente non più “di primo pelo”.

D’altro canto, per gli eventi storici la percezione del tempo è di tutt’altro genere, 75 anni sono paragonabili all’altro ieri, a ieri, a 5 minuti fa. Oggi – non per la prima volta – vorrei scrivere e riflettere su un evento storico che proprio questo mese compie 75 anni. Un evento a cui vorrei associare 3 aggettivi: giovane, perché la sua rilevanza forse non è ancora del tutto chiara; imperfetto, per certi versi colmo di lacune che non ne intaccano però la globale rilevanza; ma soprattutto un evento spartiacque, perché è uno di quelli che ha un prima e un dopo, che cambia la storia della propria disciplina e, in questo caso, la storia in senso lato. Si tratta del punto di partenza di ciò che oggi chiamiamo Diritto Penale Internazionale: il Processo di Norimberga.

Chiunque ne ha per lo meno sentito parlare, molti ne hanno conoscenze superficiali (epoca storica, qualche protagonista, sentenze ecc.), pochi lo conoscono in dettaglio.

Fonte: Shalom.it

Nell’Aula 600 del tribunale di Norimberga, città non scelta a caso, dal 20 novembre 1945 fino al 1° ottobre 1946, alcuni dei principali responsabili dello scempio umano chiamato Terzo Reich furono sottoposti a giudizio dai vincitori della Seconda guerra mondiale: processi multipli che non solo permisero una prima e fondamentale elaborazione giuridica degli orrori compiuti dal nazismo, ma che, oltreché sottoporli al giudizio di un tribunale internazionale, misero per la prima volta il mondo di fronte ai volti e alle storie di alcuni dei protagonisti più feroci del Terzo Reich.

Il mio precedente articolo sull’argomento si concentra su alcuni aspetti di interesse giuridico, provando come sempre a renderli “leggeri”. Oggi gradirei semplicemente condividere alcune risposte che ritengo ognuno debba sapere su un processo che, personalmente, ritengo abbia una valenza simbolica alla stregua di quelli di Socrate e Gesù ma una rilevanza pratica addirittura superiore.

Ma quali sono le domande? Ecco quelle che ho scelto per voi:

Fonte: Internazionale

Perché Norimberga? Due motivi: il primo assai pratico, la città bavarese era meno devastata dai bombardamenti alleati rispetto a quasi tutte le principali metropoli tedesche, ridotte a un cumulo di macerie; il secondo del tutto simbolico, Norimberga aveva avuto un ruolo cruciale nella propaganda del Terzo Reich, e fu qui che furono annunciati le leggi razziali nel 1935. Sembrò quindi coerente porre definitivamente fine allo scempio nazista in una delle città dove ebbe inizio.

Quante e quali furono le imputazioni? Le imputazioni furono quattro e, sintetizzate al massimo: cospirazione per commettere crimini contro la pace; aver pianificato, iniziato e intrapreso delle guerre d’aggressione; aver commesso crimini di guerra; aver commesso crimini contro l’umanità (il genocidio farà la propria comparsa solo successivamente, grazie soprattutto alla perseveranza di Raphael Lemkin).

Chi furono gli imputati? Il Processo di Norimberga fu composto da 218 udienze e 12 processi, molti dei quali riguardarono personaggi di second’ordine nella scala gerarchica nazista. Quelli che però potremmo definire gli “imputati simbolo” erano 24 tra i massimi esponenti del Terzo Reich, i più importanti ancora in vita o ritenuti ancora in vita (Martin Bormann, per esempio, fu processato in absentia perché falsamente ritenuto in fuga, mentre Adolf Eichmann – effettivamente in fuga – non fu sottoposto a processo perché ritenuto morto).

Perché è uno spartiacque? Norimberga rappresentò una “prima volta” sotto molti punti di vista. Ne cito due: il primo, giuridico, riguarda l’introduzione del reato di crimini contro l’umanità, elaborato da Hersch Lauterpacht, e la possibilità di essere individualmente ritenuto responsabile delle proprie azioni anche se effettuate eseguendo degli ordini; il secondo, linguistico, fu l’utilizzo di un vasto team di interpreti simultanei (noterete nella foto riportata che gli imputati indossano delle cuffie tramite le quali ascoltano l’interprete) portando per la prima volta il mondo ad accorgersi dell’importanza di tale professione, a me molto cara.

Quali furono le Sentenze? Concentrandoci sui 24 imputati sopra citati, le sentenze furono varie, dalla condanna a morte (12) al carcere a vita o per diversi anni (3 ergastoli) fino addirittura all’assoluzione (in 3 casi). Tutti i condannati scontarono la propria pena tranne 2: il celebre Hermann Goering e il meno famoso Robert Ley, entrambi morti suicidi nelle proprie celle seppur in fasi e modalità diverse.

Fonte: Pininterest.com

Quali furono le conseguenze giuridiche del Processo? Beh, qui si potrebbe davvero andare per le lunghe. Potei citare l’influenza sullo sviluppo del Diritto penale internazionale, la redazione del rapporto Principi di Diritto Internazionale riconosciuti nel Capitolo del Tribunale di Norimberga e nei giudizi del tribunale, le proposte per una corte penale internazionale permanente e la stesura dei codici penali internazionali, i movimenti d’opinione nonché le considerazioni di dottrina giuridica che portarono cinquant’anni dopo all’adozione dello statuto della Corte penale internazionale.

Potrei, ma il voto di “leggerezza” mi impone altrimenti: lasciate quindi che concluda affermando con quasi assoluta certezza che, senza il Processo (o i Processi) di Norimberga, nei decenni successivi, infami e infamanti crimini quali il genocidio in Ruanda o gli eventi avvenuti in 4 differenti conflitti: in Croazia (1991-95), in Bosnia-Erzegovina (1992-95), in Kosovo (1998-99) e in Macedonia (2001), potrebbero non aver trovato alcuna forma di giustizia o, quanto meno, riparazione. Cosa che, con tutti gli evidenti limiti, si può invece dire avvenuta.

Nonostante sia, per alcuni raffinati giuristi, uno dei processi più imperfetti della storia, e probabilmente lo è, siamo tutti un po’ in debito con quanto accadde a Norimberga in quei mesi tra il 1945 e il 1946. Perché vi chiederete? Anche questa domanda richiederebbe ore di discussioni, giorni, settimane, ma cercherò umilmente di riassumerla con il titolo che ho scelto per questo articolo: se, come scriveva Hannah Arendt, il male è banale (anche questa una volgare banalizzazione da parte mia di un concetto ben più profondo) il bene è, per sua natura, complesso, profondo, meravigliosamente sfaccettato e proprio questo lo rende spesso così complicato da perseguire. A Norimberga si è per lo meno provato a raggiungere una qualche forma di bene, una maggiore complessità e più profonda analisi della situazione, coinvolgendo 4 diversi sistemi giuridici, centinaia di persone, una decina di lingue e un’infinità di documenti e prove. Banale sarebbe stato impiccare tutti gli imputati il giorno dopo la presa di Berlino, meno costoso, forse addirittura più soddisfacente (lo stesso Churchill non vedeva di buon occhio l’idea di un processo), ma senz’altro banale, come solo il male sa essere. Norimberga è stato diverso, profondo, sfaccettato e imperfetto, come solo il bene sa essere.

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