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Appunti di Cooperazione Internazionale

Sono passati venti anni.

Diaz, Bolzaneto e altro.

A cura di Omero Nessi

Venti anni fa, tra un mese, l’Italia diventa il palcoscenico degli avvenimenti più squallidi e premonitori della successiva storia del nostro Paese.

Il contesto è il 27° vertice del cosiddetto G8, il forum del gruppo degli 8 Paesi che si ritengono, autoreferenzialmente, “avanzati” utilizzando il parametro della ricchezza nazionale quindi della loro presunta capacità di governare i mercati internazionali.

Fu identificata Genova, come città sede del forum.

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La scelta di Genova come luogo del summit del “gruppo degli 8” appare quasi subito un errore. Le caratteristiche urbane del capoluogo ligure che la rendono una città meravigliosa non sembrano adatte alla gestione dell’ordine pubblico.

Le tensioni sociali si stavano già estendendo dalla fine dello scorso millennio. Ovunque nel mondo occidentale si sviluppavano proteste in opposizione alle decisioni di pochi centri di potere.

Il Movimento no-global è nato ufficialmente il 30/11/1999 a Seattle in occasione del “Millennium Round” in cui si riuniscono 134 ministri dell’economia dei governi di tutto il mondo.

In quell’occasione gli scontri tra manifestanti e forze dell’ordine ebbero un’escalation importante.

Poco dopo, in virtù del programmato summit, si inizia a formare, proprio a Genova, un movimento organizzato di associazioni sotto il nome di Genova Social Forum, sotto lo slogan “Voi otto noi 6 miliardi” per contrastare la globalizzazione. Un movimento dichiaratamente pacifista, che si affrancata da metodi di protesta violenti e vandalici.

La progressione degli scontri tra le forze dell’ordine e i manifestanti raggiunge anche l’Italia, a Napoli, durante il vertice sul digital divide avvenuto dal 15 al 17 marzo 2001. La risposta alla manifestazione e ai vandalismi è oggettivamente sproporzionata, da parte delle forze dell’ordine.

Solo 4 mesi prima del G8 di Genova. La preoccupazione per quello che sarebbe potuto accadere, e che poi accadrà nella forma peggiore prevista, era ai massimi livelli.

Un mese prima de G8, a Göteborg, a causa del ferimento da arma da fuoco di un manifestante si affaccia, alla ribalta delle cronache in Europa una tipologia di contestatori che fino a quel momento non era entrata nei radar dei media. Sono definiti giovani che indossano tipicamente abiti col cappuccio nero, li chiamano Black Bloc.

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Il clima di fondo è arrivato a essere estremamente incandescente prima ancora che iniziassero le manifestazioni. La situazione assomiglia al periodo della strategia della tensione degli anni ’70.

 Il 19/07/2001 si aprono le manifestazioni col corteo dei migranti, che si svolge in assoluta serenità, nessun atto di vandalismo. Cinquantamila manifestanti pacifici.

Dalla tarda mattinata del 20 luglio la percezione che qualcosa sarebbe andato storto era avvertibile da tutti.

Ai manifestanti pacifici si aggiungono gruppi di Black Bloc che prendono di mira ciò che ritengono i simboli della globalizzazione da essi osteggiata. La devastazione della città incomincia a essere palese, ma le forze dell’ordine non sono ancora intervenute con la minima efficacia. Agli spettatori appare un gioco a mosca cieca.

Il gioco cessa di essere tale quando le forze dell’ordine incominciano ad attaccare chiunque si trovi sul loro cammino. Quando delle squadre in tenuta anti sommossa attaccano persone pacifiche si può immaginare cosa possa succedere. I manifestanti pacifici iniziano a scappare inseguiti e presi dagli agenti. I Black Bloc chiunque essi siano e da qualunque motivazione siano stati spinti hanno continuato indisturbati a devastare. Chi osserva dall’esterno si chiedere come mai possa succedere che i vandali agiscano cosí liberamente.

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Intanto negli ospedali incominciavano ad arrivare donne, uomini, giornalisti, semplici passanti colpiti selvaggiamente dagli agenti. Le immagini di chi era lì lo dimostrano abbondantemente. Un infermiere e un medico del servizio sanitario GSF vengono ricoverati dopo aver subito un pestaggio selvaggio da parte di agenti vestiti da antisommossa. Non sono gli unici sanitari in servizio colpiti dalle forze dell’ordine.

La tragica cronaca delle efferate violenze sui manifestanti pacifici e sui malcapitati astanti è stata molto bene documentata. Le violenze di uno sparuto gruppo di facinorosi vandali e delle forze dell’ordine culminano nell’uccisione di una persona. Le valutazioni dell’uccisione le lascio alla Magistratura e alla storia.

Ciò che accadde nella sera del 21 luglio fu smisuratamente peggio, se possibile, ma lo è. Polizia e Carabinieri irruppero nella scuola Diaz, utilizzata dal Social Forum come dormitorio. Un avvenimento condannato, insieme allo Stato italiano, dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per violazione della Corte europea dei diritti dell’uomo configurando le azioni degli agenti come tortura.

Fosse finita li. Alla così detta Bolzaneto si è perpetrata la premeditata azione di “macelleria messicana”.

Già una settimana prima della manifestazione, alla Caserma Bolzaneto, sono arrivati un centinaio di agenti del Gruppo operativo mobile della polizia penitenziaria. Ciò che poi è accaduto lì dentro è cronaca giudiziaria.

Da quei tragici giorni della Repubblica italiana la condizione economica e sociale degli italiani ha seguito un lento ma inesorabile declino.

L’attenzione mediatica si focalizzò immediatamente sulle azioni vandaliche, minimizzando e definendo proporzionate le azioni violente delle forze dell’ordine. I fatti della Diaz e di Bolzaneto emersero molto tempo dopo. Nel frattempo lo screditamento delle ragioni dei manifestanti contro la scellerata globalizzazione economica si espanse in ogni ganglio della società civile.

La prepotente polarizzazione politica, utilizzando, guarda caso, la paura del nemico, violento e vandalico portò il cosiddetto popolo a rifiutare i concetti di uguaglianza e cooperazione sostenibile impugnati da chi si opponeva civilmente a una globalizzazione dei soldi e delle merci ma che esclude l’essere umano.

I soldi e le merci viaggiano liberamente, gli esseri umani no.

A questo punto fu semplice fare delle riforme del lavoro che hanno reso il lavoratore senza dignità e diritti. Nessuno più voleva partecipare a manifestazioni col rischio di essere accomunato ai vandali e violenti.

Ogni tre o quattro anni si è alzata l’asticella. Così per 20 anni. E ci continuano a dire che se non vogliamo lavorare da stagionale (precario) per 600 o 700 euro al mese è perché c’è il reddito di cittadinanza e il lavoro in nero.

Solo poche ore fa si è arrivati all’uccisione di un manifestante, Adil Belakhdim, da parte di un camionista che ha forzato il picchetto organizzato da una sigla sindacale che protesta per le condizioni di lavoro disumane nella logistica. Tutto in seguito a un’escalation di violenza verso le maestranze che manifestano per rivendicare i propri diritti che dura da settimane. Aggressioni di squadre ai manifestanti. Azioni punitive ritorsive.

Tutto questo ha un vago sapore, un retrogusto che campeggia nella lontana memoria.

Quindi secondo voi quale sarà la prossima riforma del lavoro?

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Questa voce è stata pubblicata il 20 giugno 2021 da in Senza categoria con tag , .
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