A cura di Federica Facchinetti
Quello che sta succedendo in Francia in questi giorni mi ha riportato alla mente gli studi – ahimè ormai di un po’ d’anni fa – dell’università. Mi ha sempre appassionato l’interazione tra diverse culture all’interno di una società, la questione delle minoranze e delle identità indivuiduali e collettive. Provo allora, senza alcuna pretesa di essere esaustiva nè tantomeno di proporre facili verità, a condividere con voi alcune riflessioni.
Anche se puo’ sembrare strano visto quello che le cronache d’oltreoceano ci raccontano purtroppo spesso, la problematizzazione della presenza di minoranze etniche rispetto ai principi fondanti dello Stato-nazione è una questione profondamente europea. Non esiste nella tradizione statunitense, che a lungo è stata caratterizzata dall’idea di un melting pot che incorpora le differenze in una comune appartenenza.
Dunque com’è possibile che i principi degli Stati liberali e democratici, nati dall’Illuminismo, abbiano grandi difficoltà ad adattarsi a una società che cambia e si fa più complessa? Non sono certo io teorizzare queste idee, ma menti ben più degne (solo per citarne due, John Rawls o Jurgen Habermas).
L’inghippo sembra stare nel fatto che molte delle costituzioni contemporanee – proprio per la loro matrice illuministica – hanno un’impronta marcatamente individualista e liberale. Sono caratterizzate quindi da una concezione di diritti umani e di democrazia incentrata sull’Uomo come entità singola, astratta e priva di connotazioni storiche o culturali.
E proprio qui si cade: estromettere in toto la religione, l’etica e le convinzioni culturali dalla sfera pubblico-politica mutila la base del costituzionalismo stesso, perchè priva i soggetti di uno dei livelli identitari fondamentali, che incide in modo determinante sulle valutazioni di bene e male, sulla morale, e sui concetti di giusto e sbagliato.
Con questi presupposti, si può capire dunque come succede che cittadini afferenti a diversi sostrati culturalri, abbiano difficoltà a riconoscersi in questa visione, e non sentirsi rappresentati, tutelati, partecipi di questi valori.
Come sbrogliare allora la matassa? Sono tre in particolare i punti sui quali si sviluppa il dibattito politico-giuridico che si occupa di tutela delle minoranze, società multiculturale, cittadinanza democratica: riconoscere l’esistenza di minoranze all’interno dello stato, accordare loro diritti collettivi e di organizzazione, garantire la loro identità culturale.
La quotidiana realtà delle cose va da sè in questa direzione: la convivenza e la continua interazione tra individui di diverse culture, fa sì che esse si mescolino, creino nuove sfumature e mediazioni. Gli individui stessi vivono una condizione di pluralismo normativo al loro interno, componendo vari sistemi di norme di origine differente.
Questo mi sembra il migliore esempio per esprimere il senso profondo della cittadinanza democratica: offrire un luogo di confronto e composizione delle differenti posizioni, all’interno di un corpo che resta unitario.
Il legislatore dovrebbe saper assecondare e guidare questo processo di aggiornamento e mediazione, per avere un sistema normativo più aderente alla realtà della società attuale e per arrivare alla condivisione e accettazione delle norme adottate, su cui basare una convivenza rispettosa delle reciproche differenze, caratterizzata da senso di apparteneza e lealtà.