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Appunti di Cooperazione Internazionale

La tutela del benessere pubblico a 360°

A cura di Daniel Cabrini

Tutti abbiamo in mente l’importanza della sanità pubblica.

Questa nostra consapevolezza è ulteriormente aumentata durante il periodo marzo – maggio 2020, nel pieno della pandemia COVID-19 che ha colpito in particolar modo le provincie lombarde, nello specifico la mia Bergamo e la mia Val Seriana.

È ampiamente accettato che per l’assistenza sanitaria esista un dovere collettivo – e quindi un ruolo per lo Stato, ma soprattutto per le Regioni – di fornire sostegno sanitario per tutti.

Questa consapevolezza dell’importanza non la troviamo ancora riguardo alle prestazioni di assistenza socio sanitaria o sociale, intese come servizio di tutela della persona in senso lato. Le azioni e la tutela che si ricollegano ad essa sono delegate per lo più ad enti del terzo settore, che si occupano di tutelare la salute non da un punto di vista clinico, bensì rispondendo a esigenze che non sono meno importanti della sanità “classica”.

Come riporta un intervento di Sir Andrew Dilnot, direttore dell’Istituto di statistica del Regno Unito, “la struttura del rischio per la cura personale non è diversa da quella per la salute”. Secondo il direttore, “solo una manciata di noi non avrà bisogno di cure sociali, la maggior parte di noi ne avrà alcune, e una piccola proporzione di noi avrà un bisogno estremo e dovrà affrontare “costi catastrofici””.

Fonte: Pixabay.com

Ciò ci dovrebbe far riflettere.

Non solo in questi tempi non abbiamo vista tutelata la salute da parte dell’istituzione pubblica delegata, la Regione, che, come nella storia della rana bollita, ha lentamente ridotto l’assistenza di base soprattutto nelle aree periferiche della regione; abbiamo assistito anche ad una crescente difficoltà da parte delle istituzioni del terzo settore a rispondere ai bisogni della popolazione, per lo più a causa di lacune inerenti la sostenibilità e di competenze specifiche dovute a vecchi modelli assistenziali non sempre al passo con i tempi.

Per quanto riguarda la sanità pubblica, abbiamo notato uno svuotamento progressivo a favore di erogazioni private. In questo ambito si è visto un incremento di utenti, in una prima fase legato ai servizi convenzionati con il pubblico, anche se con i limiti imposti dalle risorse ricevute dalla Regione. Quotidianamente i cittadini riscontrano l’aumento insopportabile dei mesi di attesa per quasi tutte le tipologie di visite e di conseguenza la decisione, per alcuni, di usufruire i servizi privati ad un costo non per tutti accessibile.

L’importanza del risparmio per affrontare eventuali situazioni di bisogno future è una percezione diffusa che è stata colta dai governi ma che spesso, invece che affrontare il tema direttamente, hanno incentivato l’utilizzo di fondi sanitari alternativi. Nel corso degli anni sono aumentati enormemente i fondi sanitari, privati, pubblici o misti, che sostenessero le persone nella cura della salute.

In ambito di assistenza sociale, in senso lato, invece troviamo una caratteristica tipica dell’Italia: la frammentazione. Numerose sono le importantissime associazioni di volontariato, fondazioni, associazioni sportive ed altri enti del terzo settore che si occupano di curare la persona da un punto di vista non clinico.

Numerosi sono i servizi che vengono erogati, spesso gratuitamente, alla comunità, salvando i cittadini da costi non coperti dal sistema pubblico.

La problematica che sorge in questo ambito è legata all’impatto su una scala ridotta che questi piccoli enti possono avere dovuto alle poche risorse e competenze che possono permettersi di mettere in campo. In primo luogo ciò è legato alle professionalità che donano tempo a questi enti: se i professionisti non vengono riconosciuti, sia per le proprie competenze ma anche economicamente, si ha il rischio di vederli passare a settori per lo più profit, lasciando a questi enti persone volontarie, di buon cuore e buona volontà, ma spesso poco formate oppure professionisti alle prime armi. Allo stesso modo, è necessario per questi enti continuare a ricercare fonti di finanziamento che sono sempre più difficili da reperire sul mercato dei donatori o dalle risorse pubbliche. L’utilizzo di campagne di raccolta fondi, la strutturazione in progetti complessi ha portato la necessità di usufruire dei servizi di fundraising e project management che non tutti gli enti possono permettersi.

I cittadini hanno sempre più difficoltà a tutelare la propria salute, vuoi perché è un processo lungo acquisire tutte le informazioni necessarie per accedere a tutti i servizi, vuoi perché mancano le risorse, vuoi per la distanza dal luogo in cui si abita, e così via. In aggiunta, si notano, sia per il settore clinico che per quello socio-assistenziale, pochi legami tra i diversi servizi. Mi spiego meglio. Se ho problemi di diabete legati all’obesità devo attivarmi per tutelare la mia salute. Visite da una parte, medicine dall’altra, dall’altra l’attività fisica in palestra (quali sono le palestre con personale laureato?) o altrove (quali attività organizzate in modo professionale?) e così via per il sostegno psicologico (è sufficientemente formato in problematiche alimentari?), l’alimentazione (dietista, dietologo o nutrizionista?), l’acquisto di cibo salutare (a poco prezzo nei discount o a costi maggiori nei negozi specializzati?).

Fonte: Pixabay.com

I problemi restano. Come affrontarli?

Ad oggi, non esiste una ricetta per la cura che sia funzionante al 100%. Questo è il grande problema dei problemi complessi: non hanno soluzioni semplici.

Personalmente, credo che prima di tutto il benessere pubblico vada tutelato e in primo luogo persone che vivono ai margini; in senso astratto e geografico.

La società del nuovo millennio non può permettersi di lasciare indietro nessuno! Vanno tutelate le fasce più fragili della società, dai giovanissimi agli anziani, dalle persone con patologie croniche alle disabilità, dai richiedenti asilo alle persone senzatetto. Vanno tutelate le persone ai margini geografici: le periferie delle città, le zone rurali, le aree montane. Vanno informate le persone per l’utilizzo dei servizi di qualità.

Per quanto riguarda l’assistenza socio-sanitaria, è necessario fornire agli erogatori di questi servizi delle competenze in materia di sostenibilità organizzativa ed economica che spesso sono carenti o addirittura inesistenti e fornire servizi professionalizzati, tutelando così utente finale e lavoratore. Non è demonizzando il cuore pulsante del sociale che si risolveranno i problemi, ma serve supportarlo per non lasciarlo a sé stesso in un mondo così complesso.

Per quanto riguarda la salute pubblica è necessario per il sistema sanitario trovare dei modi per diventare più efficace ed efficiente. In primo luogo però possiamo investire ora risparmiando poi: è necessaria la creazione di un sistema integrato, volto a supportare e responsabilizzare le persone a gestire le condizioni a lungo termine a casa e nella comunità. Ciò dovrebbe ridurre anche la necessità di accedere alle cure di emergenza.

Se i pazienti sono educati ai servizi e si sentono supportati, significa che sono in grado di prendersi cura di sé stessi e dovrebbe calare la necessità di ricoveri e visite non necessarie. Coinvolgere i pazienti nelle decisioni sulla loro cura e trattamento può migliorare i risultati e l’esperienza che i pazienti hanno. Può anche far risparmiare denaro al sistema sanitario aiutando le persone a gestire meglio le proprie condizioni.

Credo resti cruciale la capacità di collaborazione tra pubblico, privato e terzo settore.

Fonte: Pixabay.com

E i soldi dallo stato?

Cari lettori, da economista, mi dispiace dirvi che stampare moneta non è la soluzione ottimale..ma

Ma sono in arrivo risorse europee che il nostro bel paese non ha mai visto, miliardi di euro in parte dirette alla tutela della salute pubblica, in parte per rendere questo paese più capace di rispondere ai nuovi bisogni dei cittadini.

A prescindere da ciò, diversi possono essere i modelli di finanziamento di queste pratiche, partendo dall’inserimento di strumenti per il pubblico, sia a livello nazionale che locale, sia coinvolgendo direttamente il terzo settore nelle pratiche di supporto, progettazione e fundraising, sia tramite le partnership con gli enti privati. Diversi studi molto interessanti sono stati condotti nel Regno Unito dal NuffieldTrust sulla ricerca di nuovi strumenti per il sostegno alla salute pubblica.

Fonte: Pixabay.com

Concludo affermando che il concetto di salute è cambiato nel corso degli anni.

Oggi siamo in una nuova fase, un’epoca dove la tutela della salute della persona non si può limitare esclusivamente alla parte clinica. I nuovi paradigmi della salute vogliono che la persona venga messa al centro.

Anche in Italia, apprendendo da modelli positivi stranieri, stanno nascendo nuovi percorsi di tutela che coinvolgono la persona in un processo di cura che va dall’esame clinico, alla cura dell’alimentazione, alla salute psicologica e fisica. Dal lavoro meno stressante al tempo libero. Dallo sport alla famiglia.

Siamo di fronte ad un cambiamento di paradigma: dalla cura per la risoluzione del sintomo o del bisogno alla cura per la prevenzione e la tutela costante della salute.

In Italia, nella mia provincia di Bergamo, qualcosa in questa direzione si sta già muovendo. Saremo capaci di farci cullare nella tutela a 360° della salute?

Attendiamo con ansia che queste buone e innovative pratiche vengano attivate e proposte anche al nostro territorio!

Stay tuned per i prossimi aggiornamenti!

Classificazione: 5 su 5.

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