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Appunti di Cooperazione Internazionale

Nuovi progetti nell’incertezza. Intervista a Beppe Casales

Duante il lockdown si è sentito parlare molto delle difficoltà che i professionisti dello spettacolo e non solo hanno dovuto affrontare a causa dello stop delle manifestazioni pubbliche e di tutti gli appuntamenti progremmati per la primavera e l’estate di questo strano 2020; i mancati e deboli sostegni economici non sempre sono stati sufficienti e molti artisiti hanno sollevato la questione, cercando di sensibilizzare al tema l’opinione pubblica.

Ho chiesto all’attore teatrale Beppe Casales, presente sulle scene dal 1998 con alle spalle importante collaborazioni e numerosi spettacoli, di parlarci del contesto socio-economico in cui la sua categoria professionale si è trovata in questi mesi e quali riflessioni ne sono nate.

<<Il periodo del lockdown non è stato per nente facile. Ci sono sati moti lavoratori dello spettacolo e non solo che si sono messi insieme per organizzare delle alternative. Non solo attori ma anche altre categorie professionali si sono rese conto di come siano fondamentai le varie forme di welfare; la mia categoria spesso trascura molto questo aspetto, c’è una grossa area grigia di lavoro, tra cui il mondo artistico, in cui il welfare viene considerato una cosa marginale a cui non si pensa e invece questa pandemia ci ha insegnato come sia importante e come non si debba considerata solo emergenziale ma un investimento. La mia idea, ma non solo la mia, è che se un Paese non investe in Cultura è un Paese praticamente morto.>>

Durante questo periodo di blocco forzato, hai avuto modo di riflettere su progetti e idee future? Sei riuscito a trovare degli stimoli creativi nonostante tutto?

<<Prima della chiusura totale, stavo studiando per uno spettacolo nuovo, e la maggior parte del tempo la dedicavo a quello. La chiusura, tra le altre, delle biblioteche non mi ha permesso di raccogliere materiali per i miei approfondimenti e allora ho cercato di organizzare il mio tempo e dedicarlo ad altri piccoli lavori a cui mi sono dedicato in quei mesi. Ho prodotto “su commissione” e in parte perché volevo farlo, tre piccoli video che mi hanno stimolato molto, mi sono occupato della parte di scrittura e immagini, quindi sì, ho creato. Il lockdown è stato difficile perchè ha amplificato alcuni aspetti più personali magari già critici che si sono accentuati, ma tutto sommato ho potuto spendere bene il mio tempo.>>

Veniamo ora al nuovo spettacolo “Cara Professoressa” che stai mettendo in scena in queste settimane. Come è nato e come è cresciuto?

<<Ti dirò, l’idea è partita da una situazione personale: ho delle nipoti in età scolari, e spesso i racconti che le bimbe mi riportano non sono dei migliori e mi hanno fatto riflettere su dei pensieri che ho sempre avuto e che hanno come centro un aspetto per me molto importante: il punto da cui può partire un cambiaento generale virtuoso è la scuola. Ho letto “Lettera a una professoressa” di Don Milani e i ragazzi della Scuola di Barbiana e ho mi sono convinto che è un libro ancoraestremamente attuale: la scuola italiana degli anni ’60 è per certi versi molto simile a quella attuale, ci sono dei nodi che non sono stati sciolti. In particolare nella scuola pubblica la possibilità di crescere e dare autonomia e identità ai ragazzi e alle ragazze non è realizzata, le disuguaglianze non lo permettono, la scuola continua a essere “un ospedale in cui si curano i sani e non i malati” come diceva Don Milani, e in un certo qual modo contribuisce ad alimentare l’immobilismo sociale. “Cara Professoressa” è stato lo spettacolo con la gestazione più lunga, perché il materiale sulla scuola pubblica è tantissimo, è stato un percorso di studi difficoltoso e cercare di fare entrare più cose possbili nello spettacolo è complicato, avrei voluto parlare di molte altre cose ma non potevo. Poi è arrivato il lockdown e dopo sole due repliche si è fermato tutto.>>

Foto di Maria Scampoli

Il tema della scuola e delle disuguaglianze al suo interno sembra cascare a fagiolo in un anno stravolgente come quello che stiamo vivendo per l’istituzione scolastica tradizionalmente intesa: la didattica a distanza, come sai, ha messo in evidenza una fortissima differenza, disuguaglianza appunto, tra numerosi studenti e le loro famiglie che con molte difficoltà hanno dovuto provare a stare al passo con ciò che stava accadendo pur non avendo gli strumenti adeguati o le possibilità economiche per risolvere le criticità. Hai avuto modo di riflettere su questo aspetto mentre preparavi e ultimavi il tuo spettacolo?

<<Ci è voluta una pandemia mondiale per far tornare la scuola come argomento centrale, spero che quando passerà tutto questo non passerà anche la discussione pubblica. La DAD ha evidenziato alcune disuguaglianze ma i problemi strutturali restano tornando in classe. Durante i mesi di chiusura ci sono state esperienze positive e costruttive da parte di insegnanti e scuole che hanno messo in atto delle risposte brillanti per accompagnare al meglio i loro studenti ma si sono trattati di singole iniziative che non sono state messe in luce e soprattutto sembrano non essere state considerate dal sistema generale che non le ha valorizzate e magari prese come modello. Ci sono ragazzi fortunati che capitano in classi e scuole ottime e altri che capitano in altre con maggori problemi e ostacoli, non per scelta ma per fortuna o sfurtuna. Se a scegliere è la fortuna/sfortuna, va chiamata con il suo nome: ingiustizia.>>

Ti ringrazio molto per questa tua riflessione. Passiamo ora alla parte più pubblicitaria. Quali saranno le prossime tappe dello spettacolo?

<<Al momento quelle programmate si trovano sul sito dello spettacolo, sono poche ma sto lavorando sulla vendita, siamo in un momento molto confuso. Gli spazi culturali in cui di solito andavo non se la sentono ancora di organizzare spettacoli, alcuni sì, i più ampi e spaziosi ma non tutti, principalmente si tratta di teatri capienti. Qualcosa è riparito ma poco. Mi piacerbbe portare questo spettacolo nelle scuole, ho contattato un gruppo di colleghi che lavora solo nelle scuole e stanno proponendo oltre ai loro anche il mio spettacolo, vediamo come va, potrebbero esserci delle possibilità in primavera, ora è precoce dal punto di vista organizzativo.

Ho incontrato dei ragazzi a scuola per parlar della situazione delle scuola in Italia oggi, ma non c’è una discussione sul tema, ai ragazzi non viene chiesto nulla sulla scuola, non c’è un confronto costruttivo, proprio nel luogo in cui dovrebbero uscire le proposte migliori. Mi piacerebbe che il mio spettacolo potesse essere un punto di partenza per costruire un dibattito sulla scuola pubblica che convolga in primo luogo i ragazzi.>>

Hai altri progetti in progamma?

<<Alla fine dell’anno scorso con il mio spettacolo “Nazieuropa” ho partecipato al concorso Theatrical Mass 2019 e ho vinto un premio che mi permetterà di avere un budget per fare un nuovo spettacolo che abdrà in scena nella stagione teatrale di Campo Teatrale a Milano, non so quando, forse in primavera, sto lavorando un po’ per volta, non si sa cosa succederà, quando si andrà in scena. Se c’è una cosa che ho dovuto fare molto in questo periodo è adattarmi alle situazioni per come si presentavano, e su questo , devo dire il nostro lavoro ci aiuta e ci allena molto. E’ tutto molto strano però, l’appuntamento con il pubblico è la perte centrale e se non sappiamo come e quando accadrà, manca il pezzo più importante.>>

Ringrazio Beppe Casales per avermi concesso un po’ di tempo per questa breve intervista, ricca di stimoli e spunti di riflessione. Restiamo in attesa di dei nuovi appuntamenti e ci auguriamo possano essere molti e partecipati (per info: https://www.beppecasales.com/cara-professoressa).

In bocca al lupo e buon lavoro!

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Questa voce è stata pubblicata il 12 settembre 2020 da in Interviste, Scuola, Spettacolo con tag .
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