A cura di Omero Nessi
Suona la sveglia dello smartphone, come ogni mattina; questa settimana alle cinque. So già dove dovrò andare oggi, controllo su Google Maps il traffico sul percorso. Rapido sguardo alla posta elettronica e ai messaggi su WhatsApp. Un saluto veloce e assonnato, igiene personale, poi al lavoro.
Risveglio consueto, che di per se’ non riscuote molta meraviglia. Ciò accade oggi. 49 anni fa’ per spedire il primo messaggio di posta elettronica della storia, è servito un elaboratore dati grande quanto un armadio.
Quasi mezzo secolo, poco meno della mia età anagrafica; sembra la preistoria. Per la prima versione di Google Maps parliamo di 15 anni. Per WhatsApp sono undici gli anni.
Oggi per poter lavorare, in qualsiasi attività, la capacità di usare i dispositivi informatici a vario livello di complessità è irrinunciabile. L’elenco di essi è estremamente lungo, lo conosciamo tutti ed è inutile farlo. Non è più solo un vezzo, dei primi anni di questo millennio, di alcuni personaggi alla moda.
Tra tutte le competenze necessarie per poter utilizzare gli strumenti informatici al meglio ne esiste una di cui si parla anche molto spesso, ma non si approfondisce quasi mai. E’ la conoscenza di un tema specifico che è il diritto alla privacy durante l’utilizzo, anche quotidiano, di dispositivi che accedono alla rete internet.
La speranza è che quasi tutti sappiano che ogni volta si accende un dispositivo connesso alla rete si invia una serie impressionante di informazioni a ognuna delle applicazioni installate su esso.
Ogni applicazione che utilizziamo riceve dal nostro dispositivo tutti i nostri dati. Accede a tutti i file che sono salvati in esso e potenzialmente può utilizzarli. Dico potenzialmente perché in realtà c’è la possibilità di evitare che alcune informazioni non possano essere visibili. Per questo motivo è desiderabile una conoscenza delle funzionalità riguardanti, appunto, la gestione della privacy dell’apparecchio che stiamo usando.
Il tema della cosiddetta privacy, è comunque una estrema semplificazione di un ben più complesso e di un organico scenario geopolitico.
A rendere esplicito questo quadro all’opinione pubblica potrebbe essere l’arresto nel 2018 di Meng Wanzhou, Chief Financial Officer di Huawei, figlia del fondatore Ren Zhengfei. Le motivazioni sembrerebbero i sospettati rapporti dell’azienda con l’Iran, in violazione delle restrizioni finanziarie e commerciali comminate a questo Paese dagli USA. Fondate o meno le accuse di fatto la Huawei è una delle aziende che competono allo sviluppo della ormai famosa rete di 5G (5th Generation).
Gli Stati hanno incominciato, subito dopo la crisi economica del 2009, a riconsiderare la rete non più come uno strumento, piuttosto come un demanio nazionale. Questo forse per le caratteristiche globalizzanti delle informazioni digitali dalla quale possono essere veicolate. Le informazioni, i dati, sensibili o meno sono oggettivamente diventati un bene economico. In quanto tale, avere il controllo della via per approvvigionarsi dal fornitore e successivamente recapitare la merce al consumatore finale, rappresenta un obiettivo molto facile da capire.
Per intenderci: chi controlla il Canale di Suez controlla la rotta delle Indie; chi controlla il web controlla economicamente, e politicamente, la circolazione dei dati.
Tra i singoli che, più o meno consapevolmente, propugnano il proprio diritto alla privacy e gli Stati che sostengono il loro diritto territoriale sul Web si intrufola anche la comunità della rete che spinge per mantenere la libertà che ha caratterizzato il medium digitale fin dai suoi albori.
E’ storia che la nascita del World Wide Web sia dovuta all’ispirazione di Timothy John Berners-Lee e di altri suoi colleghi, sul principio della condivisione di documenti, per facilitare al massimo la divulgazione e la collaborazione tra scienziati.
Il principio della condivisione è da sempre stato lo sprone per tutte le innovazioni della rete. Improbabile che chi venga spinto da una tale etica possa accettare il principio della commercializzazione e quindi del controllo dei flussi di dati.
Una delle innovazioni più feconde del web e più caratteristiche dello spirito iniziale sono i siti “Wiki”, il vocabolo è di origine hawaiana il significato è “veloce”, è stato utilizzato per rappresentare una tipologia di sito internet che consente di creare e modificare le pagine multimediali.
La disputa sul controllo della rete, connesso, è il caso di dirlo, al dibattito globale sull’esistenza di un oggettivo diritto inalienabile di usufruirne liberamente, partendo dai sopracitati presupposti, evidenzia la complessità della materia.
Tornando alla mia giornata, la settimana è finita e i miei dispositivi li utilizzerò, per diletto; fino a lunedì. Dovrò comunque stare attento a come li utilizzo, forse molto di più di quando lo faccio per lavoro; perché sul lavoro esistono de protocolli che facilitano l’uso di precauzioni. Nella vita privata è nelle nostre mani il controllo.