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Appunti di Cooperazione Internazionale

Dal Limburgo a Bergamo. I Canini, una famiglia generosa

 

A cura di Daniel Cabrini

I Canini hanno un legame profondo con la provincia di Bergamo e un legame profondo con la generosità.

Questo legame nasce in Alta Val Seriana, terra di magli per lavorare il ferro, miniere e fabbriche tessili, con Guglielmo Canini, classe 1924. Nel 1930, a sei anni, migrò con la famiglia in Belgio, “condividendo la sorte di molti bergamaschi che per sfuggire alla fame e alla miseria si facevano emigranti in molte parti del mondo[1].

Lì crebbe e si dedicò agli altri. Attivo militante della “Gioventù operaia cristiana” (KAJ) dovette rientrare in Italia durante la guerra, venendo poi imprigionato in Germania. Una volta fuggito tornò in Belgio dove divenne responsabile KAJ per la classe operaia.

Sposato con Attilia, donna di grande cuore e anch’essa figlia di migranti italiani, formò una famiglia memorabile: 13 figli. Paolo, Sergio, Roberto, Franco, Raffaele, Marco, Pietro, Giovanni, Fiorenzo, Anna Maria, Cristina, Nadia e Mauro (ora oltre 50 discendenti tra figli, coniugi, nipoti e pronipoti)

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Famiglia Canini. Al centro Guglielmo e Attilia

 

Guglielmo divenne una personalità molto conosciuta in Belgio, a partire dall’incarico come responsabile provinciale per gli immigrati del Sindacato Cristiano (ACV) del Limburgo. Molto legato alle comunità migranti, essendo lui stesso parte della diaspora, non perse però i tratti caratteristici del carattere bergamasco: “Caràter de la rassa bergamasca: fiàma de rar, sóta la sènder brasca”. Al contempo era riuscito a integrarsi e legarsi anche al suo nuovo paese, riuscendo a restare fedele al proprio passato senza tradire il proprio presente.

Residente nell’accogliente Genk, divenne responsabile nazionale per le persone immigrate in Belgio. Savino Pezzotta lo ricorda come “un uomo integrale, dove l’impegno sociale e sindacale si coniugava profondamente con quello di marito e padre. Il tutto era alimentato da una profonda fede cristiana[2].

Oltre alla carriera, Guglielmo è sempre stato legato a diverse attività per la promozione della dignità umana, come il Servizio per l’accoglienza degli immigrati, l’Alloggio Sociale, l’Azione del Movimento operaio cristiano di Genk e la Consulta pastorale interdiocesana.

Tra le decorazioni delle quali andava più orgoglioso ci sono la medaglia d’oro dell’ACV, la medaglia d’oro dell’Episcopato di Hasselt e la sua nomina a Cavaliere dell’ordine della stella della solidarietà italiana. Era una persona stimata a livello nazionale e internazionale. In memoria di Guglielmo è stato scritto anche un libro bilingue, italiano e fiammingo, con articoli di molti suoi amici tra cui Tosini, ex direttore internazionale INAS, Pezzotta, ex segretario generale CISL e deputato, Dhoore, ex ministro.

Per Guglielmo la vera felicità era far qualcosa di bene per gli altri, per gli sconosciuti. Era convinto che solo impegnandosi per gli sconosciuti e per i senza patria era possibile aumentare l’affetto per i propri cari.

Morì nella sua amata provincia, a Gazzaniga (Bg). Non ha mai abbandonato il legame con la famiglia Cabrini di Ponte Nossa e con la sua terra natia. 

Personalmente non ho mai conosciuto Guglielmo, morto due anni prima della mia nascita, ma ho avuto la fortuna di conoscere bene Attilia e la sua famiglia. Molto legati a Ponte Nossa (Bg), hanno trascorso parecchio tempo durante le vacanze nel piccolo paesino dell’Alta Valle e io ho avuto la fortuna di poterli visitare nel Limburgo. Dei 13 fratelli, solo Fiorenzo si è trasferito per diverso tempo a Ponte Nossa negli anni più recenti, per poi andare a vivere in Olanda.

Durante il mese di marzo 2020, in piena emergenza COVID-19, causa di migliaia di decessi, enormi fatiche per gli operatori sanitari, danni economici, soprattutto a Bergamo, la famiglia Canini si era attivata per capire come poter supportare la terra natia.

Nasce in quel periodo l’idea dell’ospedale da campo di Bergamo degli Alpini, ospedale che ha rischiato di non aprire mai a causa di numerose risorse e attenzioni dirottate dalla giunta regionale su Milano. Grazie però all’impegno della comunità bergamasca per convincere la Regione ad aprire l’ospedale orobico e al lavoro incessante di alpini, artigiani, volontari, operatori di ong e di molti bergamaschi, si è riusciti ad attivare questo importantissimo servizio di assistenza a numerosi malati di Coronavirus.

Venuto a sapere del progetto, Fiorenzo, si era attivato con la sua rete per raccogliere più fondi possibili. Il 30 marzo, sfortunatamente, un attacco cardiaco ha interrotto la sua corsa di solidarietà.

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Per onorare la memoria del caro fratello e supportare la terra natia, dove, a causa del virus, sono morte molte persone a loro care, la famiglia Canini ha deciso di continuare il progetto di Fiorenzo. L’attività è proseguita tramite la pubblicizzazione della raccolta fondi anche su diversi quotidiani locali, tra cui “Het Belang van Limburg” e “Het Nieuwsblad”, oltre che tramite la rete “WWP”, proprietaria di diverse agenzie di comunicazione internazionali, tra cui social media e giornali, alla cui testa c’è il fratello Giovanni.

L’obiettivo iniziale era la raccolta di 100.000 euro per l’ospedale da campo di Bergamo, obiettivo raggiunto rapidamente e perfino raddoppiato in poco tempo. La corsa alla solidarietà non si è fermata e ha potuto continuare sia da parte della famiglia Canini che dalle reti belghe e internazionali a loro collegate. Visto l’ingente e crescente ammontare, è stato deciso dalla famiglia che il ricavato in eccesso verrà comunque inviato per essere investito in attrezzature ospedaliere e materiale di supporto.

Un legame con la terra di Guglielmo che è ancora tutt’oggi vivo e profondo. Un cuore solidale che anche a distanza di generazioni continua a trasmettere i valori che hanno animato la vita di quel migrante che, diventato sindacalista, aveva come obiettivo la tutela delle persone in difficoltà. Un vero “bergamasco”, l’uomo del lavoro silenzioso, preciso, costante, anche ostinato; che vuole raggiungere uno scopo e ci mette anima, corpo e cuore per raggiungerlo. Che lottava per i più deboli ma sapeva parlare anche ai più forti. Una persona, come tutti coloro che oggi sono in prima linea negli ospedali, nelle comunità, a domicilio, che hanno come via maestra la tutela della vita e della dignità delle persone.

Non so cosa avrebbe detto Guglielmo in questo momento di difficoltà ma, come riporta Albert Bijnens, “nei momenti in cui ognuno pensava “qui non ne usciremo più”, lui trovava le giuste parole per dare speranza”.

 

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In memoria di Guglielmo, Attilia, Fiorenzo e di tutte le persone che hanno perso la vita in questa crisi.

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In onore delle persone di cuore, che lavorano per gli altri e che sono vicine a chi è in difficoltà.

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Vicini a tutti i malati, ai loro cari, alle persone con problemi economici, ai migranti, agli esclusi.

 

 

 

Per voi una poesia di David Maria Turoldo: LO DIRÓ CON UN SORRISO

Andrò in giro per le strade sorridendo,
finché gli altri diranno: è pazzo!
E mi fermerò soprattutto
coi bambini a giocare in periferia,
poi lascerò un fiore ad ogni finestra
e saluterò chiunque incontrerò per via,
stringendogli la mano.
E poi suonerò con le mie mani
le campane della torre a più riprese
finché sarò esausto,
e dirò a tutti: PACE!
Ma lo dirò in silenzio
e solo con un sorriso,
ma tutti capiranno.

 

[1] Dal libro “50 anni comunità italiana in Limburgo”. Tratto dall’articolo di Savino Pezzotta “Bergamasco e Fiammingo”.

[2] Ibidem

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