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Appunti di Cooperazione Internazionale

Alla ricerca di nuovi spazi

A cura di: Laura Cicirata

In questa mia breve riflessione non mi soffermerò sulle difficoltà e sugli ostacoli che questo virus ha messo davanti a tutti noi nell’ultimo periodo, a tal proposito sono già stati spesi fiumi di gigabyte, e altrettanti se ne spenderanno nei prossimi mesi.

Mi soffermerò su alcuni, forse piccoli per qualcuno, aspetti positivi che questa esperienza mi ha consentito di sperimentare e vivere.

Lavoro in una cooperativa sociale della provincia di Bergamo, in particolare sono impegnata nell’area adulti che mi vede coinvolta come operatrice in servizi di accoglienza e assistenza per persone in condizioni di marginalità.

In questo periodo di quarantena e di altissima attenzione socio-sanitaria, i servizi di cura e tutela hanno irrimediabilmente risentito della distanza sociale richiesta dalle autorità e necessaria in questi momenti di forte incertezza: condurre visite domiciliari con mascherine, guanti e cercando di mantenere un’equa distanza da tutti i presenti nello spazio domestico, in un momento in cui una pacca sulla spalla o guardare insieme un video divertente per farsi quattro risate è forse più necessario del solito, diventa realmente complicato.

Il timore di perdere il contatto e la relazione costruita nel tempo fa paura e ci si interroga su come poter sopperire alla mancanza di contatto fisico riuscendo a mostrare vicinanza in un modo diverso dal solito, magari andando a cercare degli strumenti laddove non si pensava.

I social, per esempio, si stanno rivelando essere delle ottime leve di coinvolgimento utili ad innescare un’attivazione, soprattutto tra gli ospiti più giovani, abituati ad utilizzare questi strumenti con famigliarità e rapidità: una video-chiamata all’ora di pranzo per condividere le ricette o i piatti appena preparati, una foto di gruppo in un ambiente della casa, il link con degli esercizi fisici da poter svolgere in coppia, lunghe telefonate di spiegazione sulla differenze tra aggettivi e avverbi fatta ad un ragazzo che si esercita con dei compiti di italiano per mantenersi in allenamento mentre la chiusura delle scuola continua, e molto altro.

La possibilità di utilizzare strumenti diversi che non prevedano l’usuale contatto visivo o fisico, permette ai più timidi e riservati di mettersi in gioco senza il timore di sentirsi giudicati, usando i dispositivi che meglio conoscono e con cui sanno destreggiarsi con agilità.

A. Manda delle canzoni del suo cantante preferito e prova a spiegare agli altri membri del gruppo whatsapp il significato del testo e come mai gli piaccia tanto; A. manda delle descrizioni di esercizi fisici che conosce e che abitualmente fa per tenersi in allenamento, nel caso qualcuno fosse interessato a replicarli, D. chiede aiuto per risolvere il puzzle che l’operatore qualche settimana prima ha portato a casa dai ragazzi come diversivo alla noia; F. condivide canti e preghiere con la speranza che possano sollevare dalle preoccupazioni e J. pubblica ricette di tisane naturali e depurative per prendersi cura di sé. Il tutto avviene nell’informalità di uno spazio “altro” rispetto al solito; la visita domiciliare diventa uno degli elementi della relazione, non l’unico, in cui poter discutere dei contenuti dei messaggi inviati e ricevuti, scambiare pareri sui vari articoli di giornale o servizi televisivi seguiti, informarsi su come stiano le rispettive famiglie e augurarsi che tutto possa passare il prima possibile; consapevoli che sia necessario sapere fronteggiare la precarietà di una situazione di cui non si conoscono tempi e possibili sviluppi.

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Foto di Laura Cicirata

La capacità di reinventare forme di “presenza nell’assenza” non è automatica e richiede esercizio, misura, attenzione e ascolto, tutte caratteristiche che normalmente vengono date per assodate ma che in un momento di attesa come quello che stiamo vivendo ci chiamano ad interrogarci e a chiederci in che modo ci si possa spendere per mettersi a disposizione dell’altro e allo stesso tempo accoglierlo nelle proposte, nei rimandi, nelle iniziative che arrivano, sapendo accettarle e comprenderle, stando al gioco e ridimensionando lo spazio della relazione quotidiana.

L’idea che questa situazione, caratterizzata da tanto dolore e incertezza, possa generare opportunità di crescita personali e formative può aiutare, forse, a rendere tutto un po’ più sopportabile.

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Questa voce è stata pubblicata il 3 aprile 2020 da in comunicazione, diversità, Educazione, Esperienze sul campo/Reportage, Salute.
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