A cura di Laura Cicirata
Come ogni anno, anche quest’anno il primo dicembre è stata la giornata mondiale dedicata alla lotta contro l’AIDS, celebrata per la prima volta nel 1988 in occasione del summit mondiale dei ministri della sanità sui programmi per la prevenzione della malattia. Nel mondo sono circa 36,7 milioni le persone che hanno contratto il virus dell’Hiv e, nonostante la sindrome sia stata identificata solo nel 1984, oltre 35 milioni di persone hanno perso la vita a causa dell’AIDS.
Dagli anni ’80 sono stati fatti progressi scientifici per il trattamento dell’AIDS, sono state adottate leggi per proteggere le persone affette dalla sindrome e si hanno più strumenti per comprendere la condizione dei malati. È aumentato, inoltre, il numero di pazienti che hanno accesso alle cure: se nel 2000 solo 685.000 malati nel mondo potevano beneficiare della terapia antiretrovirale, ora vi hanno accesso più di 21 milioni di persone. Oggi la sfida è quella di continuare su questa strada, con l’obiettivo di garantire l’accesso ai medicinali a circa 17 milioni di persone ancora bisognose di cure, tra cui quasi un milione e mezzo sono bambini. È fondamentale mettere la prevenzione dell’HIV come priorità nella programmazione della sanità pubblica, in particolare nei Paesi (molti più di quelli che si immagina) in cui le infezioni da HIV sono in aumento.
In Italia sono circa 130.000 i pazienti cronicizzati e, negli ultimi sette anni, il numero di nuove diagnosi è stato stabile con circa 3500 nuovi casi ogni anno, che interessano soprattutto i giovani tra i 25 e i 29 anni e sono causati per la maggior parte da infezioni a trasmissione sessuale, sia da rapporti eterosessuali che omosessuali. Più del 50% delle nuove diagnosi, però, avviene in condizioni avanzate di malattia. È, questa, un’inevitabile conseguenza del calo di attenzione su questa malattia, della quale specialmente i giovanissimi sanno molto poco.[1] La giornata mondiale contro l’AIDS rappresenta, quindi, un’importante occasione per promuovere prevenzione e assistenza, combattere i pregiudizi e sollecitare i governi e la società civile affinché vengano destinate risorse appropriate per la cura e le campagne di informazione.
Ma a che punto siamo?
L’HIV fa ancora molta paura. Specie tra le nuove generazioni. Basti pensare che molti, dovendo associare una parola al termine HIV/AIDS indicano – subito dopo “malattia”, “virus”, “sesso” – proprio il sostantivo “paura”, qualcuno addirittura “morte”. È quanto emerge dalle risposte dei 5534 ragazzi – tra gli 11 e 25 anni – interpellati nell’ambito di una ricerca svolta da Skuola.net col supporto di MSD Italia, in occasione del World AIDS Day 2019. Questo è il frutto soprattutto di un’informazione superficiale e dell’assenza di confronto con chi può dargli le giuste coordinate.
Una delle false credenze più dure da abbattere è il fatto di non accettare che il virus dell’HIV possa contagiare tutti quanti, indipendentemente dallo stile vita: solo il 68% del campione è consapevole di ciò. Mentre quasi 1 su 3 associa il rischio di contrarre la malattia a determinati comportamenti: rapporti con molti partner, tossicodipendenza e omosessualità. Pregiudizi tipici degli anni ’80 che ancora oggi fanno fatica a sparire, come anche lo stigma con cui vengono bollate le persone sieropositive: solamente per il 54% degli intervistati non è pericoloso vivere a fianco di un malato di AIDS; Il 46%, al contrario, crede che basti condividere con lui gli stessi spazi e interessi per esporsi al contagio: per il 14% usando le stesse posate e bicchieri, per il 9% usando lo stesso asciugamano, per il 6% è sufficiente uno starnuto o un colpo di tosse del malato, per il 3% facendo sport assieme. Un ulteriore 14% addirittura ritiene che qualsiasi tipo di contatto con una persona affetta da HIV possa veicolare il virus.
Minore la dimestichezza con lo screening e la prevenzione. Solo 1 su 2, di nuovo, sa che il virus dell’HIV è diagnosticabile solo attraverso un test specifico; il 32% pensa che sia rintracciabile dalle analisi di routine; il 18% che basti un’attenta visita medica. Stesse proporzioni se si chiede ai ragazzi quando è consigliabile effettuare il test: per il 50% va fatto ogni volta che si ha un rapporto a rischio, ma il 44% lo limiterebbe solo quando si hanno rapporti con persone di cui non si conoscono le abitudini sessuali. In pochissimi (23%) sanno che il test è gratuito presso le strutture pubbliche; il 15% crede che sia sempre gratuito, l’11% che sia sempre a pagamento (e assai costoso). Su questo tema, inoltre, lo scarto tra fasce d’età è ancora più netto. Ma le giustificazioni per i più piccoli sono almeno due: la scarsa (o assente) pratica sessuale e il fatto che, per effettuare il test, i minori devono essere accompagnati dai genitori.
Dando uno sguardo rapido ai casi di HIV in Lombardia nel 2017 (dato da considerarsi di riferimento in quanto consolidato, il dato 2018 verrà consolidato il 1° dicembre 2019) sono stati complessivamente 675 (di cui 604 a carico di residenti lombardi); il tasso di incidenza (6 nuovi casi ogni 100.00 abitanti) è in lieve decremento negli ultimi anni: erano 868 nel 2015, 763 nel 2016.
Nel 2017 in Italia sono state segnalate 3.443 nuove diagnosi di infezione da HIV pari a un’incidenza di 5,7 nuovi casi di HIV ogni 100.000 abitanti. L’incidenza delle nuove diagnosi di infezione da HIV non mostra variazioni significative rispetto ai tre anni precedenti. Nel 2017, le regioni con l’incidenza più alta sono state il Lazio, e il Molise. In Lombardia il maggior numero di casi è stato registrato presso ATS Milano Città Metropolitana seguita da ATS Bergamo e Brescia.[2] Complessivamente il 76% dei casi è maschio e 24% femmina; le classi di età più coinvolte sono le età tra 20-29 anni (34% dei casi), 30-39 anni (26,5 % dei casi) età 40-49 anni (23% dei casi). In merito alle modalità di trasmissione la maggioranza delle nuove diagnosi di infezione da HIV è attribuibile a rapporti sessuali non protetti, che costituiscono l’84,3% di tutte le segnalazioni.
Da un’inchiesta dell’Espresso del 21 giugno 2018, condotta a livello nazionale con l’obiettivo di raccogliere informazioni direttamente dagli adolescenti, è emerso che diversi degli intervistati affermano: «Io non lo farei mai, dirlo ai miei mi spaventa», dice un ragazzo. «Io ne parlerei con mia madre, ma molti coetanei non hanno la fortuna di avere un buon rapporto con i genitori», risponde un’altra.
C’è chi lamenta l’assenza di educazione sessuale nelle scuole: «Non ci preparano ai rischi che corriamo». Poco informati sulle modalità di trasmissione, disorientati e alcune volte inconsapevoli. Colpa di una strategia assente, come denunciano le associazioni che da anni si battono al fianco delle persone con Hiv e per una corretta prevenzione.
Massimo Oldrini, presidente di Lila (Lega Italiana per la Lotta Contro l’Aids), denuncia attraverso l’inchiesta in questione: «Nel 2017 i soldi a budget per la campagna pubblicitaria contro l’Aids ammontavano a soli 80 mila euro. Ci hanno informato che nel 2018 ci sarà una cifra analoga, e che esistono altri fondi, ma nessuno ha saputo dirci i soldi a disposizione. Certo è che, per un’adeguata informazione, ci vorrebbe molto di più. Altre nazioni europee stanziano milioni di euro»[3]. Ma se le campagne progresso appaiono poche e mirate, a risentirne maggiormente sono sempre loro: i giovani. Nel 2015 Miur e ministero della Salute avevano istituito un tavolo di lavoro per dar vita a un “piano di educazione della salute incentrato sull’Hiv”. Il tavolo dal 2015 ad oggi non si è mai incontrato, eppure il Ministero è consapevole dei rischi. Come riporta il report datato 2017: «Negli ultimi anni, gli interventi di prevenzione sembrano aver subito, nella scuola e tra la popolazione giovanile in generale, un processo involutivo, accompagnato da un marcato calo di interesse sia delle Istituzioni, sia tra i giovani stessi».
[1] https://www.avis.it/2019/11/22/verso-la-giornata-mondiale-contro-laids-2019-in-italia-350mila-pazienti-cronici/
[2] https://www.regione.lombardia.it/wps/portal/istituzionale/HP/lombardia-notizie/DettaglioNews/2019/11-novembre/25-30/gallera-stop-aids/gallera-stop-aids
[3] http://espresso.repubblica.it/inchieste/2018/06/19/news/l-aids-torna-a-crescere-tra-gli-adolescenti-e-se-sei-minorenne-fare-il-test-diventa-un-calvario-1.323950