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Appunti di Cooperazione Internazionale

Si è sempre fatto così

A cura di Omero Nessi

Ho lavorato per parecchio tempo nel terzo settore, quasi un ventennio. Ho svolto varie attività, nell’arco della mia vita lavorativa, in questo comparto. Da mansioni puramente tecniche, a gestionali. In questo particolare campo, i confini sono relativamente labili, sempre poco, o male, normati; gestiti ancora peggio.

Premetto che non ne sono uscito volontariamente; ma nemmeno costretto. E’ stata una mia scelta, dovuta a un evento contingente, e posso garantire, da me, molto ponderata e per niente sofferta. Malgrado il mio impegno sotto il profilo lavorativo, e della mia personale formazione specifica; per nulla supportata o incentivata dall’Ente per cui ho lavorato, semplicemente spinto dalla mia personale passione, civica principalmente, e personale, per ciò che ho fatto.

Soprattutto non rinnego nulla di tutto ciò, anzi ringrazio il fatto di avere avuto un’opportunità così; eccezionale, che mi ha formato come uomo, prima che professionista.

Detto questo è necessario capire cosa si intende per terzo settore, e di conseguenza no-profit.

Approfitto di Wikipedia per evitare di essere prolisso nella mia descrizione e rimandarvi alla descrizione che ne fa Terzo settore .

In breve si può definire come quel campo della vita sociale in cui non ci si occupa di produzione di beni, ed è esterno alla cosa pubblica, da qui il nome terzo settore. Si parla di servizi alla persona, nel più ampio significato del termine. Beni che non producono direttamente ricchezza, profitto, ma supportano la vita individuale e sociale della persona.

In una democrazia costituzionale questo campo è definito come un diritto inalienabile della persona, ed è garantito dallo Stato come istituzione. Vi rimando al testo costituzionale per approfondire il tema costituzione italiana parte prima . Se avete cliccato sul link avrete potuto notare che si parla anche di doveri, oltre che di diritti; ma considerato che per quanto riguarda i doveri nessuno lesina di informarci, preferisco evidenziare i diritti senza negare, per questo, i doveri.

Nella congiuntura attuale, nello quadro internazionale, la garanzia dell’erogazione di tali diritti, è delegata in gran parte, dagli Stati, al privato. Un privato che, però, non può farlo, per la verità non sempre, con fini di lucro. In soldoni non si può lucrare sulle disgrazie, o i diritti, altrui; dicono le leggi. Nella pratica è così vero? Il fatto che le istituzioni deleghino, con procedure, mi viene da dire, più o meno trasparenti, efficaci ed economiche, garantisce che non ci sia nessuno che ci guadagni sulle disgrazie altrui?

Stiamo parlando di terzo settore, quindi non di sanità, perché è un capitolo a parte. Sulla salute ci si può guadagnare, eccome. Non ci soffermiamo sulle industrie farmaceutiche, guardiamo a tutte le cliniche private che operano col contributo del servizio sanitario nazionale, finanziato con la fiscalità generale; in altre parole le nostre tasse.

Ricordo che sto’ parlando sempre e ancora di diritti sanciti dalla Costituzione italiana e da Trattati internazionali. Non mi sono svegliato io questa mattina, raccontandovi il sogno che ho fatto questa notte. L’hanno scritto e sottoscritto , fior fiori, di luminari del diritto nazionale e internazionale, mica bau bau micio micio, non di certo l’Omero Nessi. Io riporto solo ciò che loro, quelli veri, hanno scritto nero su bianco.

Quindi se loro lo hanno scritto chi sono io per giudicare? Anzi, condivido pienamente. A  questo punto, oltre a condividere pienamente, però, mi sorge spontanea la domanda: ma quando sono state scritte tutte queste belle parole, eravate seri, decisi, convinti? O mi avete pigliato …. in giro?

 

 

Dico questo perché per garantire tutti quei bei diritti, oltre alle tasse, sacrosante, gli italiani devono elargire donazioni alle associazioni no-profit circa 4,5 milioni di euro.

Qualsiasi media si utilizzi per svagarsi, passare il tempo, informarsi e quant’altro, ci subissa di richieste di donazioni per quella o quell’altra associazione che ci garantirà cure, servizi e benessere. La realtà è che ognuno di noi, nel momento del bisogno si trova, o si troverà, a vagare, spaurito, in una selva di erogatori, che per prima cosa ci chiede la sottoscrizione, e ci tratta da caso umano. Nella migliore delle ipotesi ci trattano con compassione e accondiscendenza, una carezza non si nega neanche a un cane, ma mi raccomando non osare abbaiare o digrignare i denti! Risoluzione del problema neanche a parlarne, il perché è chiaro, l’utente trattino cliente è fondamentale ci sia, altrimenti crolla tutto. Niente bisognoso, niente soldi per aiutare.

La nuova frontiera è il lascito. Per chi non sapesse cosa sia un lascito rimando al solito Wikipedia Lascito . Non che non ci siano mai stati. I lasciti hanno fatto ricche associazioni religiose di tutto il mondo. Una opportunità da non farsi scappare! Unhcr ha all’uopo intrapreso una campagna pubblicitaria su larga scala, non per niente.

No profit Italia spaccata ancora una volta in due

Ancora mi sorge una domanda spontanea: ma se quando parliamo di tasse, e ci chiediamo quante ne paghiamo, si parla di qualche centinaia di miliardi di Imposte dirette , quanto possano fare la differenza, nei servizi del terzo settore, una pletore di associazioni, rispetto allo stesso servizio erogato direttamente dallo Stato?

A mio avviso per la collettività, meno di zero; ho dei forti dubbi se parliamo del nugolo di responsabili di associazioni che costellano il territorio nazionale.

Le condizioni contrattuali dei lavoratori, di queste associazioni senza fini di lucro, vengono rispettate? Sia quelle economiche sia quelle riferite all’orario di lavoro? Come fanno a “essere più competitivi” i dipendenti di queste associazioni, rispetto ai dipendenti pubblici? Il CCNL del Comparto dei dipendenti pubblici è stato bloccato per nove anni e, la parte economica è oggettivamente aumentata di un’inezia, rispetto al costo della vita. Se il privato è più competitivo non può che voler dire: i dipendenti sono pagati meno, e lavorano di più. Mi corre l’obbligo ricordare per l’ennesima volta che l’oggetto del lavoro nel terzo settore è il soggetto. Non si confezionano patate, si assistono persone. Fermo restando che la mia opinione è che anche i lavoratori sono persone. Che chi lavora, sempre, deve avere diritto a tempi di riposo adeguati a garantirgli una vita dignitosa, anche quando confeziona patate. Giustamente può esserci qualcuno che, invece, la pensa diversamente da me. Il fatto è che se chi confeziona patate sbaglia per stanchezza, disattenzione, abitudinarietà, al massimo la confezione di patate non può essere venduta. Se si sottopone a regimi di lavoro inadeguati un operatore del terzo settore, o della Sanità, gli errori che può fare, forse, avranno conseguenze peggiori.

Appare necessario valutare se delegare ai privati, questi servizi, abbia giovato ai fruitori, o meno.

Un dato di fatto inconfutabile è che il sistema sociale del nostro Paese è fallimentare, le riforme che si sono susseguite negli ultimi 30 anni, come minimo, hanno avuto esito negativo.  Possiamo, senza tema di smentita, dichiarare che il senso che hanno avuto, sempre maggiore, è stato verso quella che, gli addetti ai lavori chiamano, esternalizzazione. Io faccio due più due: l’esternalizzazione ha fallito. Era chiaro dal principio, ma tant’è, è stato necessario sbattere il grugno contro il muro. Ma non è bastato, perché c’è chi dice ancora che siamo stati troppo timidi, per questo non ha funzionato, bisogna prendere maggiore rincorsa. Purtroppo sono seguiti da parecchia gente. Allora va bene facciamolo! Dietro cento metri e corriamo ancora più veloci, testa bassa contro il muro.

Auguri ai nostri figli.

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