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Appunti di Cooperazione Internazionale

Due chiacchiere sulla rivoluzione islamica iraniana del 1979

A cura di Omero Nessi

Chi sono i buoni e chi sono i cattivi? Bella domanda. Mio figlio ha quasi 12 anni, è in prima classe della scuola secondaria di primo grado. Ciò mi riporta, ogni volta che parlo, o penso alla geopolitica, a quando io avevo i suoi anni, ed ero in quella che allora si chiamava prima media. La storia era insegnata, a noi preadolescenti, esattamente in questi termini. Noi, i buoni, e  loro, i cattivi. Chi ero io per poter dire: “No. non è così. Noi non siamo i buoni, e loro non sono i cattivi.”?

Principalmente non potevo dirlo perché non sapevo assolutamente nulla; chi, a undici anni può sapere qualcosa di geopolitica? Nessuno. Secondariamente la storia è estremamente complessa, e deve essere analizzata da ogni sfaccettatura e punto di vista coinvolto. Se gli storici, quelli che studiano approfonditamente ciò che è avvenuto, e avviene nella vita, hanno difficoltà a delineare i fatti e tutti i loro retroscena, come potrebbe, la persona comune, farlo in completa tranquillità? Impossibile.

E’ necessario affidarsi agli storici, come ci si affida ai medici, in ambito di salute. Affidarsi e fidarsi di ciò che ci viene detto. A undici anni lo si fa senza farsi troppe domande.

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copyright: Creative Commons CC0

Fortunatamente, per me, in prima superiore ho incontrato un professore, che io definisco illuminato. Ci ha fatto studiare su un libro di testo che non raccontava la storia degli eroi, e dei vincitori. Era un libro di testo che raccontava la storia dei popoli. Questo cambio di prospettiva mi ha aiutato, non a comprendere chi sono i buoni, e chi sono i cattivi, ma almeno a guardare le cose non solo da un lato, il mio. La tecnologia aiuta tantissimo chi vuole informarsi seriamente. Un bambino non ha gli strumenti adeguati per capire ancora se ciò che legge, in internet, corrisponda, o per lo meno si avvicini minimamente, alla realtà; ma un adulto senziente dovrebbe possederli. Se non si hanno bisognerebbe prodigarsi per ottenerli, io penso.

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Piazza Naqsh-e jahàn – Fonte: Wikipedia

Per comprendere la situazione iraniana attuale è necessario ripercorrere, almeno, la storia del Paese del ventesimo secolo.

E’ fondamentale sapere che la Persia, attuale Iran, era vista dalla critica mondiale prima del ’79 come avamposto americano nel Golfo Persico, terra di petrolio. Un fatto per nulla trascurabile, nell’analisi di tutto ciò che è accaduto in quella regione e accade tutt’oggi. Soprattutto per le ripercussioni che ciò ha sulla nostra vita, visto che non è evidentemente possibile preoccuparci per la vita degli altri.

Fin dai primi decenni del XX secolo, in seguito alle turbolente vicissitudini del territorio persiano, e della gestione del regno Pahlavi, la Persia ha allacciato, vigorosamente, rapporti alla società economica e politica occidentale; intessendo relazioni con i cosiddetti “Alleati” dei due conflitti mondiali. La neutralità dichiarata in entrambi i conflitti, e largamente violata dall’interessamento dei territori iraniani dagli scontri bellici, si interruppe con la dichiarazione di guerra nel 1943, nel secondo conflitto, verso la Germania; dopo che gli U.S.A. fecero altrettanto. La storia riporta di una monarchia estremamente repressiva verso l’opposizione, che le contestava, tra le altre cose, la svendita delle risorse economiche e produttive, all’occidente, riducendo alla povertà il suo popolo. Le potenze occidentali utilizzarono il binomio territorio, strategicamente collocato al centro del Medio Oriente, e deficit di leadership internazionale per controllare la produzione e utilizzare la Persia come caposaldo nell’area. I politici e i media occidentali, indirizzati dai governi locali, ponevano la Persia come un prezioso alleato nella politica di salvaguardia della sicurezza, sia interna sia internazionale. L’avvento delle Organizzazioni per i Diritti Umani, che denunciavano le innumerevoli violazioni a essi, spinse i media e lo stesso Jimmy Carter all’ammissione pubblica; ciò nonostante, anche in virtù dell’utilità oggettiva del controllo dell’area geografica, e utilizzando queste informazioni per guadagnare maggior possibilità di ingerenza, la posizione dell’Occidente non oltrepassava, quello che possiamo definite, il limite del “minore dei mali”. Le pressioni internazionali della Commissione Internazionale dei Giuristi le stesse Organizzazioni per i Diritti Umani, e interne dell’opposizione, probabilmente entrambe alimentate dallo stesso Khomeynī dall’esilio, e non da escludere a priori, la presa di coscienza di essere stato abbandonato dalle Lobbie occidentali portano alla decisione dell’auto esilio, lo Scià; Khoemini ritorna in patria a febbraio e, proprio in quei giorni lo Shah si trovava all’estero per cure mediche. Vista l’aggravarsi della situazione politica e sociale, si rifiutò di far ritorno in patria abbandonando de facto il ruolo di sovrano. Khomeynī, anche per questo avrà buon gioco nell’accusare, successivamente, Reza Shah di non saper proteggere il proprio popolo.

Il vuoto istituzionale diede agio a Khomeynī nel subentrare fisicamente nel ruolo di leader del Paese, in qualità di già Capo della comunità sciita e portatore delle idee rivoluzionarie; la rivoluzione bianca iniziata dal 1963 da Muhammad Reza Shah aveva portato al collasso il sistema economico della Persia. Il popolo, e anche la quasi totalità dei dipendenti pubblici, videro in Khomeynī colui il quale avrebbe portato la Persia a risalire la china. Le idee anti coloniali aiutarono Khomeynī a guadagnarsi il consenso necessario per affermarsi politicamente; di contro, a livello internazionale, non poteva che riscuotere giudizi negativi. Gli U.S.A. avrebbero perso il monopolio sui prodotti petroliferi della Persia. Il 1° aprile 1979, dopo solo due mesi dal rientro di Khomeynī in Persia, tramite un referendum popolare, il 98% degli iraniani vota a favore della Repubblica islamica; sancendo de facto la rottura definitiva dei rapporti internazionali con l’Occidente, raggiungendo il culmine con l’Occupazione dell’ambasciata americana il 4 novembre 1979.

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copyright: Creative Commons CC0

L’Iran non era più l’avamposto dell’Occidente nel Golfo Persico; era, per così dire, utilizzando terminologia di più recente conio, diventato uno tra gli “stati canaglia”.

L’Occidente, avendo necessità di sostituire l’Iran nella zona del Medio Oriente, si indirizzò verso uno Stato confinante, l’Iraq; con buona probabilità, manovrandolo verso il tentativo di invasione dell’Iran, che di lì a poco avvenne, il 22 settembre 1980, conseguendo un conflitto durato fino al 20 agosto 1988.

E’ chiaro a tutti che, le dinamiche in gioco, sono molto più complesse, di quanto da me rappresentato, e quindi non si esauriscono qui. I famosi segreti di stato non permettono a noi poveri mortali di approfondire e capire totalmente cosa c’è dietro a ogni azione e decisione, soprattutto in ambito internazionale.

Significativo il caso specifico nel susseguirsi delle relazioni internazionali tra l’Occidente e il resto dei Paesi; i Diritti Umani appaiono utilizzati, di volta in volta, come fulcro della leva nel consenso verso o contro un attore delle Politiche Internazionali.

La Persia non ha mai brillato per la tutela dei Diritti Umani, sia prima di diventare Iran sia dopo Khomeynī; questi sono stati ampiamente utilizzati nello scopo denigratorio verso la gestione della Repubblica islamica iraniana, quanto poco evidenziati nell’epoca antecedente, all’epoca dello Scià, e per nulla riguardo a ciò che accadeva in Iraq.

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Questa voce è stata pubblicata il 23 febbraio 2019 da in diritti umani, Geopolitica, Storia con tag , , , .
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