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Appunti di Cooperazione Internazionale

Money vs Morals – Che prezzo paghiamo quando tutto ha un prezzo?

A cura di Davide Garlini

Per quanto strano possa sembrare, l’ispirazione per questo mio articolo – più che altro una riflessione – deriva da un parcheggio a pagamento. Per farla breve, mi trovavo in una città del nord Italia per la laurea di un’amica e, avendo previsto di trattenermi solamente per la proclamazione e per un veloce brindisi, lasciai la mia auto in un parcheggio coperto non lontano dalla sede universitaria. Per fretta o per ingenuità, probabilmente entrambe, non prestai attenzione alla tariffa oraria e, una volta parcheggiato, mi avviai serenamente verso la mia destinazione.

Di ritorno alla macchina, giunto il momento di pagare, la cifra che mi ritrovai di fronte fu, per usare un eufemismo, quanto meno sorprendente! Inutile dire che pagai quanto dovuto, per poi riavviarmi verso casa riflettendo su quanto segue: la tariffa che pagai per poche ore di sosta era superiore alla multa che avrei preso lasciando la mia auto per strada in divieto di sosta. Multa, inoltre, tutt’altro che certa dato che, con un po’ di fortuna, avrei potuto evitarla completamente. Quest’ultima scelta sarebbe stata sicuramente vantaggiosa per le mie tasche, ma senz’altro non per il mio caro vecchio senso civico.

Fonte: Google immagini

Quel giorno la mia mente doveva essere assai ispirata, dato che l’intero viaggio di ritorno fu caratterizzato da riflessioni più o meno profonde sulle dinamiche e sulle forme dell’attuale vivere sociale, sul ruolo del denaro nella nostra società e sull’eventuale limite che tale ruolo debba o meno avere. Tali riflessioni vorrei oggi condividere con il paziente lettore.

Fino a che punto il dio denaro riesce a influenzare la nostra quotidianità e le sue declinazioni civiche o addirittura morali? Che rischi corriamo se tutto, ma proprio tutto, diventa comprabile? O, per dirla con le parole del filosofo contemporaneo Michael Sandel: “what price do we pay when everything has a price?“.

La risposta è una sempre più preoccupante incapacità di pensare ed agire in termini puramente qualitativi e non quantitativi. È vero che io pagai il parcheggio, ma l’avrei fatto se mi fossi inizialmente accorto della tariffa? Forse no! Nonostante fosse chiaramente la cosa civilmente più “giusta”. Avrei probabilmente ragionato in termini quantitativi. Il mio senso civico avrebbe avuto un prezzo (in questo caso, il prezzo della tariffa oraria di un parcheggio… fate voi!).

La società contemporanea si sta trasformando da un ambito di vita comunitaria ad un’immensa area commerciale, dove tutto, questione di tempo, sarà acquistabile per denaro. Si è dominati da questa forma di potere, si ha la sensazione che la propria vita sia in realtà diretta da oscure forze finanziare, inafferrabili ai più, una sorta di entità fantasma, un “nessuno”. Questa è la forma più potente di dominio ad oggi, la più difficilmente scardinabile. Nessuno ha mai vinto contro un nemico invisibile, dal momento che chiunque dotato di ragione non essendo in grado di individuare il suo avversario, rinuncia alla lotta.

Per quanto possa risultare banale ricordarlo (altro gran brutto segno), ci sono dei saldi principi da salvaguardare e che ci salvaguardano. Gli Stati moderni nascono da un percorso storico e concettuale di riconoscimento di diritti, di principi inalienabili, come il diritto alla vita e il diritto alla libertà d’espressione. Forse un tempo era così, ma diventa sempre più difficile continuare a sostenerlo.

Fonte: Google immagini

Ma basta con la teoria, lasciate che sostenga la mia tesi con qualche esempio pratico:

A fronte di una spesa irrisoria rispetto al costo equivalente del servizio in uno stato occidentale, ricche coppie che si trovano nell’impossibilità di avere un figlio, ma con la sufficiente disponibilità economica, possono prendere in affitto il grembo di una ragazza indiana; una tale pratica in India è legale. Quindi la capacità di generare una vita diventa una fonte di reddito per molte ragazze indiane, sane, non istruite, che vivono in una condizione di miseria. A prescindere dal fatto che queste ragazze non sono sufficientemente tutelate, che non si possono ritenere realmente consapevoli dei rischi a cui vanno incontro e che, data la somma che gli viene corrisposta per un tale servizio, sono indubbiamente sfruttate, dopotutto è giusto che la mancanza di scrupoli e il denaro rappresentino l’unica condizione necessaria ad avere un figlio?

A dimostrazione dell’invasività del dio denaro, vi sottopongo anche un esempio opposto al precedente: la sterilizzazione per denaro. Un’organizzazione benefica dal nome Project Prevention, nel Nord Carolina, offre alle donne tossicodipendenti 300 dollari in contanti, laddove acconsentano a farsi sterilizzare. L’iniziativa si può ritenere da un certo punto di vista meritoria, dal momento che aiuta a prevenire la nascita di bambini malati, che non possono essere accuditi dai loro genitori biologici. Ma dall’altra parte bisogna chiedersi quanto sia corretto invitare delle donne a rinunciare al controllo del proprio apparato riproduttivo per denaro. La scelta non è di per sé libera perché finalizzata ad ottenere dei soldi, ma anche se lo fosse sarebbe giusto equivalere la rinuncia definitiva alla possibilità di essere madre ad una somma di denaro?

Se si vuole essere rispettosi nei confronti della vita umana non si può non esserlo anche rispetto all’ambiente in cui questa è inserita, considerando così la vita in tutte le sue forme. Come è noto, uno dei problemi maggiori nell’ambito della tutela ambientale è legato all’emissione di anidride carbonica. A tale proposito negli USA si è stabilito un sistema particolare, per cui ogni azienda che voglia rilasciare anidride carbonica compra il diritto di farlo pagando allo Stato un tot a seconda della quantità che ne vuole emettere. È chiaro che una qualsiasi industria ragiona secondo fini commerciali e in questo modo la si va a colpire utilizzando la sua stessa logica. Dunque si ottiene una riduzione dell’inquinamento, ma solo perché ci saranno aziende che non potranno far fronte ad una tale spesa, per cui comprare la possibilità di inquinare non rappresenterebbe più un guadagno economico. Tuttavia i giganti dell’economia non avranno problemi nel pagare e continueranno tranquillamente la loro produzione, danneggiando allo stesso modo l’ambiente. Se la salvaguardia dell’ambiente è un valore assoluto per il nostro mondo, come si interpreta il fatto che il denaro possa svuotare di senso un’affermazione inconfutabile?

Gravidanze, tossicodipendenza, difesa dell’ambiente… Argomenti particolarmente complessi, la cui soluzione non può certo essere trovata nelle poche righe di un articolo, per altro scritto da un non-professionista in ciascuno di questi ambiti. Lasciate quindi che chiuda con un esempio più quotidiano, più legato alla “normale” via di tutti i giorni. Tempo fa mi capitò di leggere di un asilo in cui la maggior parte dei genitori si presentavano a ritirare i figli notevolmente più tardi rispetto all’orario stabilito, costringendo alcuni dipendenti dell’istituto a trattenersi oltre l’orario lavorativo per non lasciare soli i bimbi. Dopo alcuni mesi di lamentele da parte dello staff, la Direzione scolastica decise di imporre una multa a tutti i genitori ritardatari, sperando così di limitare i danni. Interessante fu però il fatto che non solo il problema non fu né risolto né diminuito, ma bensì aumentò considerevolmente. Da un giorno all’altro l’arrivare costantemente in ritardo non era più una mancanza civica, un gesto quantomeno maleducato, ma era diventato un diritto che si poteva comprare, una merce! Ancora una volta, il senso di colpa per una carenza del vivere civile era stato del tutto eliminato dal denaro, incentivando quindi ritardi maggiori e più numerosi, dato che la possibilità di fare tardi e costringere altri lavoratori a trattenersi con i propri figli era, a questo punto, percepita come un servizio in vendita.

Per concludere, ritengo che i mercati non debbano avere accesso a qualsiasi ambito della vita umana, occorre ridefinire gli spazi, in modo da ritrovare ambiti liberi dall’effetto della commercializzazione, che altrimenti, come visto, non potrebbero più esistere perché non avrebbe più alcun senso. Se poi mi chiedete se tale inversione di rotta sia ancora possibile… sarò onesto! Ritengo si sia imboccata la strada del non ritorno. Mai come in questo caso però, sarei felice di scoprire di essermi sbagliato.

2 commenti su “Money vs Morals – Che prezzo paghiamo quando tutto ha un prezzo?

  1. angela daniela stabilini
    6 gennaio 2019

    Sì, purtroppo i mercati stanno invadendo tutti i settori tangibili e intangibili della vita. Purtroppo condoni, sanatorie ecc. hanno sdoganato il concetto che se pago, posso compiere azioni illegali, immorali ecc. Purtroppo siamo riusciti a stabilire un prezzo, ma non il giusto valore, a tutto… I mercati sono come il fumo che filtra sotto una porta chiusa.
    Però mi sento di dire che i mercati non hanno vita propria, è l’uomo che li rende così pervasivi e proprio per questo motivo sono convinta che sia ancora possibile un’inversione di rotta, che, sicuramente non sarà facile. L’importante è prendere coscienza di questi meccanismi, chiamare le cose con il preprio nome e reagire: difficile ma non impossibile!
    Buon anno!

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Questa voce è stata pubblicata il 22 dicembre 2018 da in Educazione, Massa-Individuo, Relazione Massa-Individuo con tag , , , .
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