A cura di Daniel Cabrini
Come si può misurare il potere di un paese?
Intendo con questa domanda chiedere al lettore come si misura la capacità di un paese di imporre la propria volontà su altri paesi. Le dimensioni dell’esercito? la grandezza dei dati macroeconomici come il PIL? la popolazione? la diplomazia? Un paese ha a disposizione strumenti definiti di hard-power e di soft-power e il loro utilizzo congiunto porta alla capacità di uno stato di imporre agli altri il proprio volere o le proprie idee. Anche contro la volontà o l’interesse di questi ultimi.
In questo articolo vi parlerò delle relazioni tra Repubblica Islamica dell’Iran con l’Unione Europea. Il potere in questa faccenda però non lo detiene né uno né l’altro. Il potere, qui, è degli Stati Uniti.
Ciò è facilmente percepibile in seguito alle politiche di guerra commerciale che Mr. Trump sta irresponsabilmente portando avanti.
La questione iraniana ricade principalmente su tematiche di influenza economica e geopolitica in particolare nei confronti dell’Unione Europea. Ci tengo a chiarire che la questione delle sanzioni non c’entra nulla con la questione religiosa se non tra le tensioni interne al mondo musulmano tra Shiiti e Sunniti per l’influenza in Medio Oriente. Lo scontro ideologico è tra l’alleato americano Saudita e il paese dell’Ayatollah. Come è noto, l’economia a stelle e strisce ha sempre fatto affari con gli conveniva, a prescindere da religione, colore o ubicazione. È possibile notarlo dal finanziamento ai Talebani in Afghanistan contro l’URSS, dallo scandalo Iran-Contras, dal traffico di armi nei PVS o dai finanziamenti alle dittature in Sud America nel secolo scorso (es. Operazione Condor).
Tornando a noi, cosa produce l’Iran? Petrolio. Ma non solo.
L’economia iraniana è la diciottesima economia al mondo e seconda nell’area MENA, un’economia in forte crescita negli ultimi anni dovuta principalmente alla forte diversificazione del mercato, all’elevato livello di istruzione dei cittadini, alle scorte di idrocarburi e alla posizione strategica.
Analizzando alcuni di questi fattori infatti si nota che i nuovi persiani hanno, oltre al petrolio, anche banche, compagnie minerarie, telecomunicazioni e aziende di autoveicoli. Questo ha attirato diverse società europee tra cui Vodafone con la partnership HiWEB e Peugeot-Citroen nell’ambito dell’industria automobilistica. Per il caso italiano, i rapporti si fondano sull’import di prodotti minerari, petroliferi, chimici e metallurgici per un totale di 3.368 milioni di euro; è interessante notare che il 4° esportatore di petrolio verso l’Italia è l’Iran mentre il nostro export si focalizza principalmente su macchinari e attrezzature, altri prodotti chimici, apparecchi elettrici e prodotti in metallo; tutti made in Italy per un ammontare di 1.734 milioni di euro.
Un secondo fattore non trascurabile è la popolazione. I cittadini iraniani sono ben istruiti. Il tasso di alfabetizzazione è molto più alto di quello della Siria, dell’Iraq e di molti altri paesi limitrofi. Più di 4 milioni di cittadini studiano o hanno studiato in un’università e ciò significa una forza lavoro ben addestrata e competente. Aggiungete a questo il fatto che il paese ha oltre 80 milioni di persone principalmente giovani e avete una grande destinazione per gli investimenti e un futuro di potenziale crescita economica.
Ciononostante, questa ondata di investimenti europei si è fermata all’improvviso.
Mr. Trump ha deciso che sanzionerà tutte le società che fanno affari con l’Iran, comprese quelle europee. E qui torniamo alla domanda iniziale. Come può avere così tanto potere sulla politica europea se è il presidente statunitense?
Dopo anni di crescita, sostenuta dagli effetti positivi del Joint Comprehensive Plan of Action (Jcpoa), l’accordo sul nucleare iraniano raggiunto dai paesi P5+1 (Usa, Russia, Cina, Francia, Regno Unito, Germania) nel luglio 2015 ed entrato in vigore nel gennaio 2016, è stato mutilato dalla decisione di Mr. Trump di uscirne unilateralmente, introducendo, come se non bastasse, due pacchetti di sanzioni.
Le due tranche colpiscono in primis i soggetti non americani che intrattengono relazioni economiche e commerciali con l’Iran e in secundis limitano il settore energetico e finanziario iraniano.
O gli attori internazionali cessano i commerci con il paese mediorientale oppure rischiano di incorrere nella scure a stelle e strisce, perdendo di fatto l’accesso al mercato statunitense e venendo colpiti da multe salate. Caso esemplificativo è ZTE, un produttore di telefoni cinesi che ha dovuto pagare una multa di 1 miliardo di dollari agli Stati Uniti per il fatto di aver importato microchip dagli Usa per poi venderli all’Iran. O una multa salatissima oppure la perdita dell’accesso al mercato più ricco del mondo (dopo l’UE).
Con le sanzioni, i proficui rapporti tra imprese europee e imprese iraniane si sono arrestati per la gioia degli extracomunitari Trump e Putin, grandi fan della frammentazione e debolezza europea secondo la logica del divide et impera.
Ad ora, l’Alto Rappresentante dell’Unione per gli Affari Esteri Federica Mogherini e la politica europea sono disposti a fare il possibile per conservare le relazioni economiche con l’Iran e per rispettare l’intesa sul nucleare.
Le misure che i garanti della stabilità europea hanno implementato per tutelare e supportare le imprese e gli operatori finanziari europei e per proteggerli dal rischio di sanzioni secondarie statunitensi sono il Regolamento di Blocco (2271/96), l’inserimento dell’Iran nei paesi partner e lo Special Purpose Vehicle (SPV).
Uniti nelle diversità! Fonte: http://blogs.esa.int/janwoerner/2017/09/13/europe-must-keep-calm-and-carry-on
Il primo è qualcosa di simile ad uno scudo commerciale. Il Regolamento infatti vieta alle imprese e agli operatori finanziari europei di adattarsi alle sanzioni USA e introduce apparati per la compensazione delle eventuali perdite subite a causa delle medesime. Difficile è comunque la scelta degli investitori e delle attività europee che decidano di continuare i rapporti. Rischierebbero, come già riportato, di essere esclusi dall’immenso mercato statunitense, di incorrere in pesanti sanzioni e di vedere confiscati beni in terra americana. Dall’altro lato rischiano di ricevere sanzioni per aver violato il suddetto Regolamento ed essersi adattati alle sanzioni extracomunitarie.
La seconda misura, approvata a luglio dal Parlamento Europeo, è la scelta di includere l’Iran tra i Paesi partner. In questo caso potrebbe ricevere sostegno finanziario ed economico al fine di tutelare e implementare progetti e infrastrutture dalla Banca Europea per gli investimenti (BEI).
Infine, il terzo strumento è rappresentato dallo Special Purpose Vehicle (SPV) ed è volto a superare le sanzioni secondarie sui finanziamenti. Semplificando, l’idea è di scambiare merci con crediti su altri beni. Se una compagnia europea vuole acquistare petrolio dall’Iran, invece di pagare in contanti, si ha la possibilità di pagare con una somma equivalente prodotti tecnologici. Ciò è possibile ma comunque difficilmente applicabile dato che i rapporti delle grandi compagnie petrolifere europee, quelle di trasporti, assicurazioni e via dicendo hanno grandissimi interessi nel mercato americano. Quest’ultimo meccanismo, proposto dalla Mogherini all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, pare sia poco applicabile per paura delle solite ritorsioni commerciali.
Restano comunque tutti uno strumento politico concreto e deciso che l’Unione Europea lancia nei confronti degli Stati Uniti. Questo è un vero duello politico. Chi è più potente?
Diverso è il caso della Cina, i cui interessi superano le barriere imposte dagli Stati Uniti. Esemplare è il caso di Meng Wanzhou, direttrice finanza della Huawei, top company cinese, il quale caso è servito a stuzzicare il gigante asiatico prendendo come scusante le restrizioni commerciali all’Iran.
La situazione resta in un’impasse
Le sanzioni stanno causando all’interno dell’Iran il crescere di rancori ed estremismi. Mentre l’inflazione esplode, il mercato nero vigoreggia, la corruzione cresce e alcune città e villaggi faticano a ricevere acqua, corrente e mezzi pubblici, il presidente Hassan Rouhani sta cedendo alle pressioni radicali e oltranziste, allontanate durante il periodo di espansione economica. I potenti Pasdaran, sostenuti dalla guida spirituale, l’Ayatollah Khamenei, aumentano le fila degli oltranzisti anti Stati Uniti, rischiando anche di rovinare le pacifiche e proficue relazioni con l’Europa.
Nel breve periodo il potere dell’Unione Europea non è sufficiente a contrastare e privare le sanzioni degli effetti concreti. L’Unione Europea ha bisogno di maggiore integrazione e poteri e di conseguenza maggiori capacità di hard e soft power per poter contrastare non solo le potenze esistenti nello scacchiere geopolitico internazionale ma anche quelle che stanno crescendo ora (vedi un mio precedente articolo). L’Europa unita e forte è la protezione della quale i cittadini europei abbisognano. In un mondo multipolare un singolo stato europeo non ha nessuna chance.