A cura di Stefano Remuzzi.
Anche se ormai siamo tutti tornati da tempo ai blocchi di partenza della nostra quotidianità e dell’estate conserviamo un prezioso ricordo, voglio fare un tuffo nel recente passato…
E’ il 17 agosto 2018 e insieme ad altri ragazzi sto per partire per Tel Aviv: destinazione Gerusalemme. Dopo quasi 4 comodissime ore di volo Ryanair, eccomi catapultato in Medio Oriente. Anche se non per la prima volta, avevo già in mente cosa mi sarebbe aspettato.
Eppure, le aspettative vengono subito smentite.
Tel Aviv è un po’ come Miami: grandi e lunghe spiagge, belle macchine, grattacieli, palestre, feste sui rooftop, ragazzi e ragazze in costume a giocare a racchettoni (lo sport nazionale israeliano!)…insomma, ci si diverte!
E così abbiamo fatto: vita da mare, cene a base di pesce, buon vino, cocktail nei locali del centro.
Il giorno dopo un giretto a Jaffa, la città vecchia, e poi pulmino per Gerusalemme che dista circa 40 minuti da Tel Aviv.
Tel Aviv vista da Jaffa, la città vecchia (Ph. Stefano Remuzzi)
Gerusalemme. Siamo appena scesi dall’autobus e subito ci accoglie immediatamente all’interno delle sue imponenti mura, splendente nella sua cupola d’oro, tanto sacra per i fedeli musulmani.
10.000 anni di vita, Gerusalemme. Sono solo 40 minuti da Tel Aviv, ma in quel tratto di autostrada spazio e tempo sembrano dilatarsi.
Eccoci, finalmente, nella Città Santa. Decidiamo di alloggiare fuori dalle mura, sul monte degli ulivi. La vista è impagabile.
Gerusalemme è incontro e scontro. Il chilometro quadrato sacro è spaccato in quattro quartieri: musulmano, cristiano, ebreo e armeno, che si toccano e a volte si intrecciano, e dove si intrecciano l’esercito israeliano è pronto a ricordartelo con la sua presenza, armata e costante.
Gerusalemme è scontro. Il conflitto israelo-palestinese non lo vedi, ma lo percepisci. Percepisci le divisioni e gli attriti quotidiani, camuffati e ben mitigati dalla santità della città.
Gerusalemme è incontro. Il muro del pianto, la spianata della moschee e il santo sepolcro distano veramente pochi passi tra loro. Il richiamo del muezzin, le campane delle chiese, l’insistente e ipnotizzante ciondolio degli ebrei in preghiera si sciolgono in un abbraccio naturale e millenario. E a quel punto diventa destabilizzante.
Come può una città che sa accogliere tanta diversità essere anche il centro dello scontro che da almeno settanta anni sta lacerando il medio oriente?
Gerusalemme è incontro di sapori, di cibi, di profumi che ti richiamano ad un’unica identità culturale, ad una cucina povera ma saporita.
Gerusalemme è scontro. A pochi chilometri di distanza il muro di quasi 800 km voluto e costruito da Israele ti lancia un pugno nello stomaco, sembra ricordarti che sei in guerra, sembra dire “di qui non passi, e se vuoi provare a passare, devi metterti in coda e aspettare il tuo turno.”
Gerusalemme è incontro, perché ci ha aperto le sue innumerevoli porte e ci ha fatto entrare nei suoi meandri, mostrandoci i suoi segreti e le sue debolezze. Gerusalemme è incontro perché lì abbiamo incontrato il Patriarca di Gerusalemme, che con trent’anni di esperienza sul campo ci ha raccontato come le tre grandi religioni dialogano e cercano di convivere tra loro e Suor Gemma, che gestisce un ospedale a Betlemme per curare bambini palestinesi che non hanno accesso al servizio sanitario.
Gerusalemme è questo e molto altro. Ho avuto la fortuna di viverla veramente fino in fondo, per quanto possibile, gustandone le peculiarità, apprezzando la sua diversità e comprendendone i limiti e i paradossi: una terra che ha da raccontare qualcosa a tutti, indipendentemente da cosa uno pensi o creda.
Gerusalemme è realmente di tutti…ma ancora di più, Gerusalemme è per tutti!