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Appunti di Cooperazione Internazionale

3 novembre 1918 – 3 novembre 2018: un secolo fa la firma dell’armistizio di Villa Giusti che sancì la vittoria dell’Intesa sugli Imperi centrali.

A cura di Nicola Ghilardi.

In questo articolo mi ispirerò ad un anniversario che proprio oggi si compie, precisamente il 3 novembre 1918 con la firma dell’armistizio tra il Regno d’Italia e l’Impero Austro-Ungarico presso la villa padovana del conte Vettor Giusti del Giardino. In base alle condizioni dell’armistizio concluso fra i plenipotenziari del Comando Supremo del Regio Esercito Italiano in nome di tutte le Potenze Alleate e degli Stati Uniti d’America e i plenipotenziari del Comando Supremo austro-ungarico, le ostilità per terra, per mare e per aria su tutti i fronti dell’Austria-Ungheria vennero sospese. L’Austria ha capitolato! Finalmente le principali testate giornalistiche italiane poterono proclamare il Regno d’Italia vincitore (in attesa che Gabriele D’Annunzio sancisca invece la c.d. vittoria mutilata). Un anno dopo la disfatta immane di Caporetto si può dire che l’esercito austro-ungarico è stato sconfitto; il passaggio del Piave e le linee sfondate dalle truppe italiane fino al Monticano il 29 ottobre 1918 hanno dato il via al disgregarsi degli Imperi centrali.

Cartina europea disegnata artista tedesco Walter Trier.

Perché reputo importante questa data? Innanzitutto perché questa giornata rappresenta uno spartiacque storico che coincide con la fine di un’epoca e l’inizio di un’altra. La società modellata dall’epoca delle Rivoluzioni tecnologiche-industriali, dall’età dell’illuminismo e del positivismo subì un enorme trauma poiché la Grande Guerra fu uno dei primissimi conflitti moderni che riguardò le masse popolari e fu importantissimo l’uso e la creazione di tecnologie. La Grande Guerra non fu una guerra risorgimentale condotta dall’aristocrazia per instaurare nuovi regni, questa guerra aveva come obiettivo supremo la supremazia totale su tutte le altre parti del gioco. Le masse vennero impiegate sia nell’esercito che nella produzione bellica e la tecnologia fu impiegata per produrre armi di sterminio da utilizzare anche contro la popolazione civile. In questo conflitto globale vennero impiegate 65 milioni di persone e la metà di loro finì ferita, morta o dispersa.

Questa guerra causò profonde trasformazioni in svariati ambiti: economia, politica, cultura e società. Avvenne una profonda ristrutturazione della carta geopolitca mondiale e venne imposto un durissimo embargo alla Germania. La fine del Liberismo economico portò alla crescita delle politiche statali di controllo sull’economia e ciò comportò l’intensificarsi dei conflitti sociali, la mobilitazione delle masse e la crisi delle istituzioni liberali. La decadenza degli imperi europei implicò l’inizio della decolonizzazione e con la capitolazione dell’autocrazia zarista vennero poste le basi per la nascita dell’Urss. I segni e le conseguenze di questo conflitto sono ancora in essere dopo un secolo, difatti tutti i paesi europei che parteciparono alla guerra, vincitori e vinti, si trovarono debitori degli Stati Uniti d’America, a causa delle ingenti spese miliari e di ricostruzione. In quanto guerra totale e di massa, la Grande Guerra richiese un’enorme sforzo industriale, venne così ad instaurarsi quel rapporto tra Stato, Scienza e Tecnica che portò ad una crescita esponenziale del ruolo del potere pubblico. Lo Stato decise cosa e quanto produrre, pianificando la vita economica del paese. Gli ingenti costi vennero finanziati utilizzando prestiti nazionali, facendo leva su sentimenti di patriottismo, e internazionali; venne stampata nuova carta moneta comportando la crescita dell’inflazione. I settori industriali favoriti dalla guerra ricavarono enormi profitti ma al termine del conflitto ogni singola impresa dovette affrontare molti problemi. La riconversione della produzione industriale causò un innalzamento del tasso di disoccupazione; il debito causato dalle spese belliche e i costi per la cura dei milioni di feriti, invalidi di guerra etc furono altissimi. Tutto ciò fu condito dall’inflazione, dalla svalutazione monetaria e dalla speculazione del mercato nero. Disoccupazione, razionamento dei generi di prima necessità e l’aumento dei prezzi avevano inasprito pesantemente le condizioni in cui versavano le popolazioni devastate dalla guerra. I movimenti sindacali e socialisti assunsero caratteristiche rivoluzionarie seguendo l’esempio di quello che era avvenuto in Russia, provocando dure reazioni da parte dei governi. In molti casi, dove le tradizioni liberali non erano consolidate, queste non ressero all’urto e crollarono, aprendo la strada alle affermazioni totalitarie. Le libertà democratiche subirono forti restrizioni, difatti ogni opposizione, forma di dissenso venne categorizzata come disfattismo. Tutte queste decisioni e censure erano in nome del “superiore interesse della nazione”. Nel nome del patriottismo la libertà d’espressione venne tradotta in propaganda patriottica e ciò comportò alla diffusione dei mezzi di comunicazione di massa che furono utilizzati “alla grande” dai regimi nazi-fascisti pochi anni dopo.

Cinecittà Luce

Mare di folla in piazza della Signoria a Firenze. 30/05/1930

Per concludere, tralasciando i risvolti dell’armistizio in Italia e in Europa negli anni a seguire mi importa considerare questo gesto di “pace” un segno di interesse storico per l’Italia e per le terre venete difatti in questi giorni verrà firmato un documento (Università venete, Capoluoghi di Provincia, la Conferenza Episcopale Triveneto, etc) che sarà inviato agli Stati che hanno osteggiato nella Grande Guerra. Gli aderenti si impegnano: “a operare per garantire il rispetto del diritto alla pace come diritto umano fondamentale, della persona e dei popoli”, a diffondere un messaggio e una cultura di pace, di fratellanza e di giustizia sociale, a promuovere percorsi di educazione alla cittadinanza democratica e ai diritti umani in tutte le scuole, a pubblicare e diffondere la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani e la Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea, a celebrare il 10 dicembre la Giornata Internazionale dei Diritti Umani, a valorizzare l’eredità culturale come risorsa per facilitare il consolidamento e la diffusione dei principi di pacifica coesistenza, di risoluzione e di prevenzione dei conflitti tra le genti, ad avviare percorsi e progetti di dialogo permanente, anche interreligiosi.

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