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Appunti di Cooperazione Internazionale

La spesa sanitaria per gli stranieri: quanto e perché.

A cura di Omero Nessi

Quando si parla di diritti non si può fare a meno di parlare di soldi. E’ un dato di fatto, i diritti costano molto cari. Uno dei diritti fondamentali è sicuramente quello alla salute.

La spesa sanitaria totale, in Italia, per quest’anno incide per l’8.9% rispetto al PIL, e quella per la sanità pubblica vera e propria, escluso i privati convenzionati, si attesta sul 6.7% del PIL.

Per intenderci sulla dimensione economica, la Legge di bilancio, dalla quale la spesa sanitaria è stralciata, si attesta sui 20/25 miliardi di euro circa.

Finanziamento cui concorre lo Stato per il fabbisogno del SSN

(in milioni di euro)
2014 2015 2016 2017 2018 2019 2020
PATTO SALUTE 2014-2016     109.928     112.062     115.444
DL 78/2015     109.715     113.097
L 208/2015 e Intesa 11.2.2016     111.000     113.063     114.998
L 232/2016 c.392     113.000     114.000     115.000 nd
Contributo RSO x RSS            423            604            604

 

Per arrivare direttamente al problema fondamentale di ogni italiano che sia degno di essere chiamato tale.

“Quanto ci costano gli stranieri?” Non quelli con accento francese, tedesco inglese; certamente di quelli non interessa saperlo. Neanche di quelli biondi. A noi interessa sapere quanto ci costano, per citare un ex Presidente del Consiglio, quelli “abbronzati”. Per essere più precisi chi è nato, o ha origini, fuori dalla nostra amata Unione europea. A dir la verità amata non da tutti, ma è un particolare ininfluente.

In realtà nessuno può conoscere le cifre esatte. Il motivo per il quale neanche il Ministero della salute può conoscere le cifre precise non si trova nel fatto che le persone non residenti non siano registrate. In realtà la radice dell’imprecisione dei dati si fonda nel Titolo V della Costituzione italiana, e più precisamente nell’art. 117 che definisce accuratamente a chi è in carico la potestà legislativa in materia di tutela della salute. La tutela della salute è oggetto di legislazione concorrente. Per questo motivo lo Stato definisce le linee di indirizzo generali, come i Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) per esempio, mentre la gestione organizzativa e pratica della sanità è normata, amministrata e controllata dalle singole Regioni. Come succede spesso, in Italia, il coordinamento tra troppe istituzioni risulta evidentemente problematico.

Detto quanto sopra, ognuno può esprimere liberamente la propria interpretazione, su quali dati utilizzare e come utilizzarli per raggiungere le proprie conclusioni.

Leggendo i dati delle 17 Regioni che si sono prestate a fare uno studio serio sulla ripartizione dei costi relativi all’assistenza sanitaria si può tranquillamente dichiarare che la popolazione non residente di origine esterna all’Unione europea incide per meno dell’1% sul totale dei ricoveri tra il 2007 e il 2010. La popolazione residente di origine esterna all’Unione europea meno del 5%.

La salute della popolazione immigrata

Emanuele Nessi Ph.

Spero sia chiaro che per quanto riguarda la popolazione residente di origine esterna all’Unione europea, si possa prevedere paghino le imposte, lavorino e quindi contribuiscano al PIL italiano. Se servisse ricordo che per avere il permesso di soggiorno, condizione necessaria per essere residente, sia necessario avere un lavoro regolare.

Chiarito rapidamente che le persone non residenti di origine esterna all’Unione europea non siano ciò che manda in deficit lo Stato italiano per la spesa sanitaria ritornerei a parlare di diritti.

Non finirò mai di ripetere che se un qualsiasi fatto umano non è prerogativa di ogni individuo che vive non può essere definito diritto. Se non è per tutti, per esempio è solo per chi casualmente nasce in Europa, si chiama privilegio.

Sottolineo che il diritto alla salute è, sicuramente solo su carta, oggetto dell’articolo 25 della La Dichiarazione Universale dei diritti umani , ma è firmata, quindi adottata, da tutti gli Stati che aderiscono all’Onu. Carta di un certo valore, direi.

Alla luce di questo credo che ogni discussione sul se, sul perché e sul quanto, assistere una persona, risulti un esercizio privo di alcun senso, quindi resta esclusivamente il come.

Al Servizio Sanitario Regionale (SSR) ci si iscrive su base obbligatoria o su base volontaria. L’iscrizione obbligatoria al SSR è gratuita mentre quella volontaria è a pagamento. Per quanto riguarda i cittadini italiani l’iscrizione avviene alla nascita, o all’acquisizione di cittadino italiano, ed è sempre quella obbligatoria; per la presunta gratuità dell’iscrizione, ovviamente ci si riferisce al fatto che la sanità pubblica è a carico della fiscalità generale.

I cittadini extracomunitari residenti  devono effettuare l’iscrizione alla Assistenza sanitaria obbligatoria   o l’iscrizione alla Assistenza sanitaria volontaria  in funzione della normativa vigente, in base allo status giuridico individuale.

Tutti i minori indipendentemente dallo stato di regolarità del soggiorno hanno diritto all’iscrizione obbligatoria e al pediatra di base da 0 a 14 anni e al medico di medicina generale da 14 a 18 anni.

Per essere precisi il Servizio Sanitario Regionale eroga i medesimi servizi, qualitativamente e quantitativamente, sia ai cittadini italiani sia ai cittadini extracomunitari residenti, non dimeno, non di più.

Nella legislazione è prevista anche la possibilità di ingresso sul territorio nazionale per il trattamento di specifiche patologie per cui nel Paese di origine fossero impossibili curare. Si accede alla Assistenza sanitaria previa richiesta all’Ambasciata italiana o al Consolato territorialmente competente. A seconda dello status giuridico della persona interessata, il costo dell’assistenza è a carico dello Stato italiano o dell’assistito.

Parliamo ora di persone con origine al di fuori dell’Unione europea che risiede in Italia senza residenza e senza un regolare permesso di soggiorno. Il SSR li definisce stranieri temporaneamente presenti (STP).

A essi il SSR in virtù del Decreto Legislativo (D. Lgs.)n°286/1998 art. 35 commi 3,4,5,6 garantisce:

  • cure ambulatoriali e di ricovero urgenti o comunque essenziali, ancorché continuative, per malattia e infortunio (STP onere 9);
  • interventi di medicina preventiva e prestazioni ad essa correlate, a salvaguardia della salute individuale e collettiva, individuati dalla normativa e precisamente: la tutela della gravidanza e della maternità, tutela della salute dei minori, vaccinazioni secondo la normativa e nell’ambito di prevenzione collettiva autorizzati dalla Regione, interventi di profilassi internazionale (STP onere 8);
  • profilassi, diagnosi e cura delle malattie infettive ed eventuale bonifica dei relativi focolai
(fonte: ATS Bergamo )

Lo straniero irregolare può usufruire di esenzioni dal pagamento del ticket, in analogia con il cittadino italiano.

Le prestazioni vengono erogate e registrate dopo l’assegnazione di un codice personale, che può essere utilizzato per successive cure.

Sia che uno pensi che ”gli irregolari devono tornare a casa loro” sia che un altro pensi che “i confini non esistono quindi non esistono persone irregolari”, il dato di fatto che la presenza di persone senza permesso di soggiorno esiste.

Sia che uno pensi che sia fattibile “cacciarli tutti “ sia che un altro pensi che “è impossibile eliminare l’immigrazione clandestina” a oggi e per parecchio tempo persone senza permesso di soggiorno risiederanno in Italia.

Sia che uno pensi “non mi importa della loro salute” sia che un altro pensi “la salute è un diritto inalienabile di ogni essere umano” la tutela della salute si attua soprattutto con la prevenzione, quindi meno persone sono malate e meglio è per tutti.

Emanuele Nessi Ph.

Sia che siate egoisti, sia che siate generosi coi poveri, sia che siate umanitari con gli extracomunitari, è interesse comune controllare la salute pubblica attraverso la cura dei singoli.

L’obiettivo di una politica sanitaria seria deve essere lungimirante, completa, e diretta a tutti; per il bene di ognuno.

Ovviamente in questa sede non mi interessa ragionare su quanto sia ridicolo dire “aiutiamoli a casa loro”, quindi non mi dilungherò su ciò. Una spiegazione possibile, dell’attività del SSR nei confronti di persone che hanno origine al di fuori della Unione europea potrebbe essere quella che riporto di seguito. L’interesse della comunità è quello che il SSR preservi la salute di chi vi appartiene. Uno dei tanti compiti per preservare la salute della comunità, quindi, è quello di controllare chi viene in contatto con gli individui di una comunità, per scongiurare possibili problemi sanitari. Perlomeno fino a quando non si riuscirà a concepire un diritto universale alla salute per ogni individuo vivente. Per ogni individuo, in ogni dove; che sia, dunque, concretamente universale.

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