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Appunti di Cooperazione Internazionale

Nessuno è il mio nome: i desaparecidos.

A cura di Giulia Benedetta Tamagni

Nessuno è il mio nome, Nessuno mi chiamano padre e madre e tutti gli altri compagni”.
Così dissi e mi rispose quell’uomo dal cuore crudele:
“Per ultimo io mangerò Nessuno, dopo i compagni, li altri li mangerò prima. Questo è il mio dono ospitale“. (Odisseo a Alcinoo, nel racconto di Odisseo alla corte dei Feaci)

Questo articolo è dedicato all’importanza di chiamarsi Nessuno.

O meglio, all’importanza di essere chiamati Nessuno. Dal proprio Paese, dai propri fratelli, dalla terra che cela i corpi, dall’acqua che trascina in terre straniere, da una storia che fa ancora paura e che genera ancora tanti, troppi Nessuno.

Sì, perché quando si vuole cancellare qualcuno o qualcosa dalla faccia della terra bisogna, per prima cosa, togliergli il nome. Mettere in dubbio la sua esistenza intera fino a quando, piano piano, chiunque si metterà l’anima in pace, forse non è mai esistito oppure, se anche fosse, ormai è perduto per sempre, sparito. Desaparecido, appunto.

Ma qualcuno non ci sta, si ribella, si aggrappa ad un ricordo, ad un nome, ad un affetto. E allora combatte, contro il tempo, contro le dittature, contro la stanchezza, contro le lacrime e scava sempre più a fondo fino a quando la verità viene a galla. E di fronte a tanta follia esclama “Nunca Màs!“. Mai più.

Nunca Mas – Credits https://goo.gl/dtxqbV

Sarebbe opportuno, se non doveroso, dedicare un articolo ai dispersi di tutte le guerre, sia civili che militari. Per questo dedico a loro questo articolo dove, anche in prossimità di una data particolarmente dolorosa per l’argomento, riporterò un evento storico simbolo di questo fenomeno.

La data in questione è l’11 settembre. Ma non del 2001, per quanto alcune vittime di questa strage possano essere considerati dei veri e propri desaparecidos. Parlo dell’11 settembre 1973, giorno del Golpe cileno, evento fondamentale non solo per la storia locale ma anche per l’intera Guerra Fredda.

La storia dell’America Latina è complicata e lastricata di episodi che dovrebbero costringere l’umanità intera a non alzare più lo sguardo da terra per la vergogna, senza contare il trattamento ricevuto dai vicini nordamericani, che hanno sempre trattato l’America del Sud come quel vicino di casa che saluti sempre ma che in realtà non sopporti.

A partire dalla metà degli anni ’60, il Cile si trova nel bel mezzo di quella che la storia chiamerà la “Rivoluzione della Libertà” iniziata dal presidente Eduardo Frei Montalva. Tutto bene fino a quando, nel 1970, entra in gioco la figura di Salvador Allende, successore di Frei sia di fatto che di ideali, ma con una base fortemente socialista che preoccupava non poco i vicini USA. Cosa? Un marxista democraticamente eletto? Durante la Guerra Fredda? Tremate gente, tremate, i comunisti sono alle porte!

I problemi iniziano ad affiorare su tre lati diversi: da una parte gli USA, preoccupati dalla minaccia socialista e dalle nazionalizzazioni delle miniere di rame promosse da Allende; dall’altra parte, le grandi famiglie cilene preoccupate per i loro commerci esteri e per una rivoluzione culturale rivolta all’inclusione sociale; dall’altra parte un dissenso interno al Congresso Cileno, di stampo cristiano-democratico, sempre più convinti che Allende stesse portando il Cile a diventare una brutta copia della Cuba castrista.

Nel settembre del 1973, i continui scioperi, l’altissimo tasso di inflazione e la mancanza di materie prime  avevano gettato il paese nel caos. Le forze ostili ad Allende, che avevano manovrato per condurre il paese sull’orlo di una guerra civile che giustificasse un colpo di Stato, si preparavano ad agire. Qui entra in gioco l’insospettabile generale Pinochet, fedelissimo di Allende, che fu messo a capo delle operazioni. L’esercito attaccò quindi Santiago, cogliendo il presidente alla sprovvista, bombardando La Moneda e arrestando o uccidendo gli oppositori. Era l’11 settembre e le forze armate cilene guidate dal generale Augusto Pinochet misero quindi in atto il piano del golpe contro Allende. Fino all’ultimo, Allende non volle credere che Pinochet lo avesse tradito, fino a quando divenne palese il suo ruolo nel colpo di Stato.Durante l’assedio e la successiva presa del Palacio de La Moneda, Allende morì in circostanze che rimasero a lungo oscure e solo in seguito si attribuì la sua morte ad un atto volontario, dopo un ultimo discorso alla radio.

Era l’11 settembre 1973. S’inaugura così una dittatura lunghissima e sanguinosa.

Augusto Pinochet – Credits https://goo.gl/Y75x19

Come dicevo, il metodo migliore per eliminare definitivamente qualcosa (o qualcuno) è insinuare il dubbio che essa sia mai esistita. E il Cile, in questo, è stato un vero maestro. Si stima che, durante la dittatura di Pinochet, ci siano stati 5.000 desaparecidos e 20.000 torturati, una vera e propria macchina della morte, scientificamente pianificata, in grado di eliminare fisicamente il dissenso.

Ma c’è di più. La desaparicion (la scomparsa) verrà definita dagli storici come il “crimine perfetto” per due motivi, strettamente connessi tra loro: in mancanza di un corpo del delitto, i parenti si trovavano nell’impossibilità di avanzare qualsiasi pretesa giudiziaria; in più, il fenomeno della scomparsa destabilizzava socialmente e culturalmente: creava disinformazione e sospetto, tutti erano complici, tutti erano carnefici, senza contare che in un paese così fortemente cattolico, togliere il processo dell’elaborazione del lutto, che prevede un corpo, un luogo e un tempo, era fonte di perdita d’identità e appartenenza sociale.

La fredda pianificazione delle sparizioni, sia a livello quantitativo che qualitativo, ha trovato terreno fertile nella contiguità geografica dell’America Latina. Dal 1973, i dissidenti cileni iniziano a scappare dalla dittatura cercando riparo nella vicina Argentina, senza sapere che li aspettava in una situazione ben peggiore. Infatti, dal 1976, dopo il golpe che depose Isabelita Perón, terza moglie di Juan Domingo Perón alla cui morte succedette nel 1974 nella carica di presidente della Repubblica argentina, s’instaura in regime militare guidato da Jorge Rafael Videla.

Videla fu il vero autore della stragrande maggioranza dei desaparecidos non solo argentini ma di tutto il Sud America. Negli anni della sua dittatura furono violati diritti umani di ogni genere, s’instaurò un regime militare volto alla repressione e alla propaganda, molto più terribile rispetto a quello cileno. I dissidenti venivano torturati, uccisi oppure venivano gettati da aerei in volo sul mare per farne perdere le tracce (i famosi vuelos de la muerte).

La locandina del film “La notte delle matite spezzate” – Credits https://goo.gl/QkAurC

Un capitolo particolarmente doloroso è quello dei bambini. Si stimano la scomparsa di circa 3000 neonati sottratti alle donne incinte sequestrate e mai più ritornate. Questa bambini venivano forniti alle coppie sterili argentine che non potevano avere figli ma che non avrebbero mai rinunciato ad un erede.

Ed è proprio per questo fenomeno che nascono movimenti come quello delle Madres de Plaza de Mayo e delle Abuelas de Plaza de Mayo, le quali hanno dedicato la loro vita cercando i figli, le figlie e soprattutto i nipoti ancora in vita e affidati ad altre famiglie. Se fino al 1978 vengono definite “les locas“, le pazze, l’occasione dei Mondiali di Calcio diventa per le Madri e le Nonne un palcoscenico globale dove, per la prima volta, riescono a farsi sentire, ottenendo sempre più rilievo.

Ad oggi circa 500 nipoti sono stati identificati grazie all’aiuto della moderna tecnologia: alcuni sono ritornati con le famiglie d’origine, altri nonostante tutto sono rimasti con la famiglia affidataria, altri invece hanno semplicemente preferito chiudere gli occhi e proseguire con la loro vita.

Il lavoro dell Madri e delle Nonne non si è mai fermato e mai si fermerà. Così come non si fermerà mai quello delle Madri e delle Nonne di tutti i paesi del mondo. Loro non faranno mai parte di quella maggioranza silenziosa che toglie lo sguardo o gira la testa, loro non si fermeranno mai perché lo sanno che questo è l’unico modo perché i loro Nessuno riacquistino un volto, perché queste cose non succedano più. Nunca màs.

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Questa voce è stata pubblicata il 8 settembre 2017 da in diritti umani, Storia con tag , , , .
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