A cura di Omero Roberto Nessi
Perché partire dalla densità di popolazione, quando vogliamo parlare di società del consumo?
Una risposta plausibile potrebbe essere che il capitale va’ dove esiste il consumatore.
Ma allora sorgerebbe un’altra domanda:
Non è mica l’occidente, il luogo, dove ci sono i consumatori?
Certamente si, dalla prima rivoluzione industriale a oggi. Ma gli ottocento milioni di occidentali, dopo due secoli scarsi di rivoluzioni industriali, sono saturi. Questo al capitale non piace. Il capitale, ossia il modello di società capitalista, si basa sulla crescita perenne. Per saperne di più: LA TEORIA DELLA CRESCITA E DELLO SVILUPPO ECONOMICO
Quando si raggiunge la saturazione cessa la crescita. I capitalisti la chiamano stagnazione. E non è bello per il capitale sedimentare. Per saperne di più: The Age of Secular Stagnation – By Lawrence H. Summers e Articolo sul Sole 24 Ore dello stesso Lawrence Summers
A questo punto possiamo saltare da palo in frasca, iniziando a parlare di “delocalizzazione” e “rilocalizzazione” della produzione. Ma forse non è così azzardato, che ne dite?
Dalla fine degli anni ottanta, del secolo scorso, è iniziato questo processo. Le aziende, e le società hanno iniziato a investire in siti produttivi, per così dire, oltrecortina. Siamo sicuri che il motivo, unico, sia perché lì, la produzione costi meno? Sia in termini di attività amministrativa, sia in termini del costo del lavoro? Potrebbe essere plausibile, invece, conoscendo il principio base del capitalismo, sopra ricordato, che l’obiettivo, neanche troppo celato, sia di creare reddito nei futuri centri del consumo? Per Saperne di più: La delocalizzazione internazionale del made in Italy di Francesco Prota, Gianfranco Viesti
Altra sfaccettatura, di non poco conto, sono i fattori di crescita. Ciò che potremmo definire lo Stato sociale. Le teorie economiche dominanti non prescindono dalla necessità di attuare processi di inclusione sociale, indispensabili per la crescita economica. Infrastrutture, accesso alle informazioni, accesso all’istruzione, pari opportunità, diritto alla salute e sostenibilità ambientale sono considerati elementi essenziali per il processo di crescita economica. Per saperne di più: Politica Regionale EU – Priorità per il periodo 2014-2020
Ora uniamo i puntini, come nella Settimana Enigmistica. L’immagine che ne può venire fuori rappresenta sia la situazione attuale, sia gli scenari futuri. Nel primo caso si deve notare che il supporto al reddito, da parte degli Stati, si sta riducendo. Le riforme degli ultimi periodi vanno nella direzione di sistematici tagli della spesa pubblica. La comunità internazionale occidentale spinge verso un aumento di questa tendenza. Spostandoci al secondo caso ci si pone la domanda: “dove andremo a finire di questo passo?”.
Senza scomodare troppo l’immaginazione si può rispondere prudentemente a questa domanda che, per gli occidentali, cioè noi, si prospettano tempi duri. Non si aggiunge nulla di nuovo dicendo che le prossime generazioni vivranno un’esperienza nuova, nello scenario delle rivoluzioni industriali. Per la prima volta esperiranno una regressione dello stile di vita, sia economico sia sociale.
Zygmunt Bauman nelle sue più recenti opere pone l’accento sul tema del consumo quale frontiera dell’inclusione, o esclusione, sociale. Parla di società liquida, sostenendo che le forme, cioè gli individui e le comunità, hanno, come imposizione, la necessità di prendere la forma del tutto, il contenitore, costituito dalle sovrastrutture economiche. Chi non si adegua è escluso. Poco importa se non si adegua volontariamente o perché non può.
A questo punto è necessario portare alla nostra attenzione il concetto, che sembra molto di moda, di resilienza.
Tratto dal Vocabolario on line Treccani
Questo concetto psicologico, mutuato come abbiamo visto dalla merceologia, esprime la capacità di ogni individuo di affrontare, superandolo, un evento potenzialmente traumatico.
Breve trattato sulla decrescita serena). Ci spiega come stiamo andando “Dritti contro un muro. Siamo a bordo di un bolide senza pilota, senza marcia indietro e senza freni, che sta andando a fracassarsi contro i limiti del pianeta.”
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Sviluppo_sostenibile
La soluzione proposta da Latouche è, come esplicato nel titolo, abbandonare la teoria della crescita perenne. Le sue parole d’ordine sono: Decremento selettivo del Pil, Autonomia energetica e alimentare, Senso di comunità. Per saperne di più: Decrescita felice: cos’è veramente? Il pensiero di Serge Latouche
Una teoria affascinante, nei contenuti, e nei risultati. La mia impressione “a pelle” è che assomigli incredibilmente a una autarchia, forse edulcorata, ma pur sempre una forma di autarchia. Per saperne di più: autarchia nell’Enciclopedia Treccani
“proprio la diversità e l’eterogeneità erano rappresentative, secondo Friedrich von Schlegel, dell’era romantica, in cui l’uomo non era più integro, unico e sufficiente a se stesso come nell’antichità classica, quando veniva predicato il concetto latino dell’autarchia“
Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Romanticismo
Nello scenario tratteggiato qui sopra, il pensiero di Latouche, comunque, pare calzare parecchio. Abbandonare la crescita perenne in occidente, applicando la teoria della decrescita serena, traslando in altre regioni del globo, ben più popolate i principi del capitalismo consumistico.
Qualunque sia lo scenario futuro, uguale, simile, o completamente diverso da quello ipotizzato qui sopra, è ineluttabile capire che non sarà più come prima. Ciò non è un anatema su di noi. Il cambiamento è un dato incontrovertibile della vita. Pensiamo alla vita di un individuo.
“Qual è quell’animale che al mattino ha quattro zampe, a mezzogiorno ne ha solo due e la sera tre?”
E’ un perenne cambiamento, a volte in meglio, a volte in peggio. Il cambiamento non ha un’accezione né negativa né positiva in sé.
Ciò che la società attuale ci impone è acquisire la capacità di affrontate il presente, e il futuro in modo proattivo, o se preferite resiliente, o entrambi.
Mutuando il piano di gestione definito Ciclo di Deming si potrebbe concludere che la nostra vita, per essere serena si deve adeguare ad affrontare la complessità in termini quasi ingegneristici.
Fonte: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/f/f4/PDCA-Two-Cycles.svg
In realtà la nostra esperienza quotidiana ci evidenzia che ogni individuo si scontra con la routine necessaria a soddisfare le proprie esigenze personali e della comunità in cui viviamo.
Poco spazio resta alla possibilità di affrontare tematiche, che possiamo definire, più grandi di noi. Ciò nonostante si rende necessario fare il possibile perché la nostra vita privata dia spazio alla vita pubblica. La scelta che ogni giorno, quando ci svegliamo, è se vogliamo essere dei consumatori passivi o dei cittadini attivi. Non si tratta di cambiare il mondo, nessun individuo singolo ha la capacità, o la possibilità, di farlo, da solo.
Credo sia auspicabile che ognuno si impegni a, ritagliare parte del proprio tempo, per crearsi degli strumenti adeguati che permettano di rendersi conto delle conseguenze di ogni propria decisione, anche in termini di società.
Consiglio la lettura del Libro di Zygmunt Bauman “Vite di scarto, Dentro la globalizzazione e Homo consumens”
Come luogo da visitare propongo Shanghai
Se non il libro, che comunque consiglio, consiglio il film “1984” di George Orwell
Versione in inglese: Film: 1984 – George Orwell