A cura di Laura Cicirata
Quando l’opinione pubblica seguiva con calore il procedimento sulla proposta di legge Cirinnà si sono succedute diverse manifestazioni, dibattiti e confronti pubblici.
L’attenzione, al di là dell’importanza primaria che questa legge possedeva, venne attribuita in modo particolare (ma non solo) da quella parte della popolazione che veniva toccata direttamente da questa proposta di legge e sembrava porre al centro la questione femminile. Utero in affitto, sfruttamento delle donne, pratiche amorali, difesa della famiglia tradizionale (…) sono stati molti i modi in cui eventuali possibilità potessero verificarsi, scongiurate soprattutto da coloro che questa legge proprio non la volevano.
Il tema della gestione del corpo femminile è tornato alla ribalta dopo la grottesca campagna del “Fertility Day” promossa dal Ministero della Salute e in seguito alle proteste in Polonia in conseguenza al tentativo di modifica del testo di legge che disciplina l’aborto. Tutto ad un tratto il corpo della donna e il suo benessere psico-fisico, sono diventati temi d’attualità.
C’è un punto che bisogna evidenziare: qualcuno si è preoccupato di chiedere alle donne quale fosse, secondo loro, il meglio per loro e per il loro corpo?
Nelle settimane appena trascorse numerosissime donne polacche (e non solo) hanno manifestato per tutelare le proprie scelte e la propria salute: hanno alzato la voce per difendere il loro diritto ad una scelta delicata che merita garanzia da parte di uno Stato responsabile della salute dei propri cittadini.
Sono molte le fotografie che in questi giorni ci capitano sott’occhio, immagini di donne che camminano, che si fermano davanti ai palazzi del governo e del parlamento per chiedere che non venga approvata la modifica della proposta di legge che limiterebbe la possibilità di abortire delle donne che vogliano farlo. Attualmente l’aborto in Polonia è consentito solo in caso di pericolo di vita della donna, inoltre la proposta di legge avrebbe eliminato l’accesso all’interruzione di gravidanza anche per le vittime di stupro o incesto e introdotto anche la possibilità di punire le donne che vogliono abortire con una pena detentiva fino a 5 anni.
E’ doveroso aggiungere che questa proposta di legge non ha goduto di una particolare popolarità tra i cittadini che, secondo un sondaggio fatto da una rete locale, per il 42% erano favorevoli ad un mantenimento della normativa vigente senza modifiche, per il 25% erano a favore di una liberalizzazione totale e il restante non si è espresso sulla questione. Il testo di legge è stato il frutto di una petizione firmata da 450mila persone promossa dall’organizzazione “Ordo Iuris” e sostenuta dalla chiesa cattolica locale.
Dopo settimane di proteste e manifestazioni intense, il messaggio è arrivato al parlamento polacco forte e chiaro: la legge sull’aborto non si tocca.
La questione non è passata inosservata e sono state diverse le Europarlamentari che si sono recate sul posto per mostrare la propria solidarietà alle donne polacche, con l’impegno (mantenuto) di discutere l’argomento presso il Parlamento Europeo.
La Polonia, già sotto osservazione dall’Unione Europea per alcuni provvedimenti presi a scapito della libertà di stampa ed espressione, sembra per certi versi seguire le politiche populiste di diversi governi dell’Europa orientale, nonostante risultati come quello del referendum ungherese, diano poco spazio a populismi e crociate dell’ultima ora, indicando in modo chiaro che le esigenze e le priorità degli elettori sono talvolta di gran lunga lontane da quelle dei loro governanti.
Abbiamo visto, a grandi linee, qual è la situazione in tema di aborto in Polonia, ma per venire a noi, come è quella italiana?
I dati INSTAT disponibili fino al 2012 mostrano che nel 2012 ci sono state 103.191 interruzioni volontarie di gravidanza, 6.850 in meno rispetto al 2011. L’Italia è uno dei Paesi dell’Unione europea con il più basso livello di abortività volontaria. Nel 2012, il tasso risulta pari a 7,6 aborti per 1.000 donne di età 15-49 anni (7,8 per mille nel 2011). Le differenze regionali vanno assottigliandosi nel corso del tempo: nel 2012 il valore più elevato del tasso di abortività volontaria spetta alla Liguria (10,2), quello minimo alla Provincia Autonoma di Bolzano (4,3). Nel 1982 la Puglia aveva un tasso pari a 26,0 e la Provincia Autonoma di Bolzano a 8,7. La classe di età con il tasso di abortività più elevato è quella delle 25-29enni (12,8 per mille).
Questo quadro mostra un sensibile calo dell’interruzione volontaria della gravidanza, il che potrebbe far pensare che i tempi della rivendicazioni femministe e la richiesta di una maggiore tutela della salute e delle decisioni dal punto di vista giuridico delle donne non siano più di primaria importanza.
Ma non si può pensare di avere una panoramica completa della situazione se non si considerano le percentuali di obiezioni di coscienza negli ospedali pubblici, obiezioni che spesso comportano l’impossibilità fisica di praticare un’interruzione di gravidanza protetta e sicura. In Italia il tasso di obiezione è del 69,6 per cento per i ginecologi, del 47,5 per cento per gli anestesisti e del 45 per cento per il personale medico.
Una situazione critica, quella italiana, sanzionata nel 2014 anche dal comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa, che ha riconosciuto che a causa delle elevatissime percentuali di obiezione di coscienza l’Italia viola il diritto alla salute delle donne che vogliono abortire.
La legge n. 194 del 22 maggio 1978 “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza” è stata una vera e propria conquista, combattuta sulla pelle delle giovani donne che fino alla metà degli anni settanta si vedevano costrette ad adottare pratiche che mettevano in pericolo la loro salute fisica e psicologica, senza alcun tipo di tutela da parte dello Stato, con il bene stare dei una classe politica e di un ceto medio fortemente cattolico e conservatore che non avrebbe concesso vita facile alle sostenitrici e ai sostenitori di una legge che prevedesse l’accompagnamento e l’esecuzione di questa procedura medica.
Come è possibile notare, si possono fare dei parallelismi tra l’attuale situazione polacca e quella italiana e sicuramente delle considerazioni sono doverose.
Trovarsi di fronte alla situazione di prendere scelte drastiche e così importanti come è quella di un aborto, possono essere prevenute oppure guidate per fare in modo che tale passaggio non avvenga in modo dannoso e discusso, a tal punto che talvolta una donna può ritrovarsi completamente sola nel dover affrontare un momento così delicato.
Dirigendomi verso la conclusione di questa breve riflessione, mi sorge spontaneo un collegamento con un interessante documentario del 1963 di Pier Paolo Pasolini: “Comizi d’amore”, il quale aveva come tema centrale quello della conoscenza dell’opinione degli italiani sulla sessualità e il loro modo di relazionarvisi. Il risultato ottenuto si presentava molto controverso e mostrava da una parte il desiderio di conoscere e approfondire tematiche poco note e dall’altra emergeva forte il timore di avvicinare un tabù da sempre celato.
Questa ignoranza, che in parte perdura ancora oggi, e può portare a problemi di conoscenza (e di coscienza), può essere colmata a mio avviso, da: corsi di educazione all’affettività, educazione di genere, esperienze laboratoriali, diffusione della conoscenza e dell’uso di contraccettivi nelle scuole di ogni ordine e grado; iniziative promosse e diffuse dallo Stato, in concerto con i ministeri dell’istruzione e della salute.
Le conquiste sociali e le battaglie per il riconoscimento dei diritti vengono sostenute anche per le generazioni successive, con la speranza che queste abbiamo gli strumenti per mantenerle e sostenerle.
Non è mai troppo tardi per migliorare.