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Appunti di Cooperazione Internazionale

Un ponte che divide: San Pietroburgo tra conflitto e diritti umani

A cura di Roberto Memme

Il 25 Maggio la Commissione per la Toponomastica della città di San Pietroburgo ha deciso di intitolare un ponte sul fiume Neva ad Akhmad Kadyrov. Questo provvedimento burocratico ha generato un terremoto negli animi della Venezia russa: perché?

Non sono stavolta le celebri notti bianche ad animare la città, bensì un susseguirsi di dichiarazioni, manifestazioni e comizi tenutisi nelle scorse settimane che ha (apparentemente) sorpreso per un campo, come quello della toponomastica, su due piedi poco significativo. Inoltre, il subbuglio generatosi andrebbe un po’ a collidere con la visione del cittadino russo di riservato e sonnolento suddito “alla Oblomov” che predomina l’immaginario comune ad Ovest della Federazione Russa (alcuni giornalisti accostano questa “timidezza civica” russa all’immobilismo del protagonista del celebre romanzo di Goncharov, ambientato proprio a San Pietroburgo come buona parte del setting della vita stessa dell’autore).

Un’immagine delle manifestazioni che si sono susseguite dalla fine di maggio sul Ponte Kadyrov a San Pietroburgo

La toponomastica in Russia tende a privilegiare nominativi di personalità politiche contemporanee, in particolare per viali, corsi e costruzioni di rilievo urbanistico. Ci si chiede perché proprio questa scelta abbia risvegliato quel sentimento civico che, pensandoci un attimo, non è del tutto dormiente. Basterebbe ricordare alcuni recenti episodi (le proteste che accompagnarono l’inaugurazione delle Olimpiadi di Sochi, le successive mobilitazioni dei movimenti LGBT o la pressione degli stessi pietroburghesi che impedì a Gazprom la costruzione di un imponente grattacielo in centro città) per accorgersi che l’attivismo civico russo non segue esattamente le orme del sedentario personaggio di Goncharov.

Le manifestazioni sono state da subito accompagnate da una raccolta firme che ha registrato un’adesione piuttosto impressionante: si parla di circa 24 000 firme raccolte per la petizione popolare nelle 24 ore successive al battesimo del ponte, giunte a superare le 100 000 nei giorni scorsi. Il dibattito ha coinvolto l’intera opinione pubblica russa, che si è interrogata sul significato di simili decisioni e sui principi che queste sottendono (il significato di una memoria collettiva, il valore etico da attribuirle e la definizione di una propria identità morale collettiva).

Ma che importanza potrà avere questo ponte per i cittadini della seconda città della Russia? La costruzione del ponte è stata ultimata non molto prima della scelta del nome, perciò, forse, sarebbe meglio porsi un’altra domanda: chi era dunque Akhmad Kadyrov?

Manifesto che ritrae Akhmad e Ramzan Kadyrov a Groznyj, capitale della Cecenia

Militante per la causa indipendentista cecena e divenuto Gran Muftì dell’autoproclamata Repubblica Cecena d’Ichkeria nel bel mezzo del primo dei due conflitti russo-ceceni (nel ’95), Akhmad Kadyrov fu colui che per primo invocò il jihad contro “l’invasore russo”. Alcune delle sue estreme dichiarazioni (nelle quali esortava ad uccidere quanti più russi possibile) vengono spesso rispolverate per chiarire la sua posizione in questa prima fase del conflitto. Qui si vuole sottolineare, non tanto il trascorso da separatista e al contempo jihadista del defunto Kadyrov, quanto la paradossale centralità della sua figura nei rapporti tra i popoli ceceno e russo.

Nel corso della lunga vicenda cecena, riapertasi nel 1999 con lo scoppio della seconda guerra, Akhmad mutò la sua posizione politica allineandosi apertamente con il Cremlino, generando non poche incomprensioni e dissapori all’interno della piccola Cecenia e delle vicine repubbliche caucasiche. Egli giustificava il suo “cambio di rotta” considerando la ripresa delle armi da parte dei suoi connazionali come una mera rivendicazione religiosa, deprivata ormai della sua originaria spinta nazionalistica, motivo per il quale non avrebbe avuto più senso scagliarsi contro i russi guidati da Putin.

In questi termini, si può intuire come Akhmad Kadyrov, nominato da Putin a guida della repubblica caucasica già nel 2000 ed assassinato quattro anni più tardi (nonché padre dell’attuale Presidente ceceno Ramzan Kadyrov), fosse una figura piuttosto controversa e di difficile digeribilità al di fuori della Cecenia (e forse all’interno della Cecenia stessa).

La giustificazione che il governatore di San Pietroburgo ha addotto è che tale provvedimento sarebbe stato in grado di “tendere la mano dell’amicizia verso il popolo ceceno”, portando la discussione sulla riappacificazione di un conflitto interetnico devastante che ancora vede la popolazione caucasica fortemente stigmatizzata.

La protesta degli abitanti di San Pietroburgo non rimette però la questione toponomastica sul piano di una “antipatia etnica” verso l’ex-presidente in quanto nemico della patria o del popolo russo, ma piuttosto sui torbidi trascorsi di Kadyrov senior. I manifestanti hanno sottolineato a più riprese come l’ex-leader ceceno fosse accusato di numerosi e gravi crimini a danno di giornalisti, attivisti, oppositori e civili, che avrebbe perpetrato lui e altri membri della sua famiglia, tra i quali in primis il figlio Ramzan. Comunque, le dure parole di Kadyrov pronunciate all’alba del primo conflitto sono ancora vive nella memoria di molti russi.

Numerosi abitanti della Venezia russa sembrerebbero quindi orientati verso altre figure pubbliche, come la benvoluta poetessa Anna Achmatova. Ciò non significa che non vogliano riconoscere la diversità etnica che contraddistingue l’unità multi-nazionale russa, e che inevitabilmente ne comporrà anche un immaginario “Pantheon di eroi della patria”, ma fa intendere che rifiuterebbero di commemorare una personalità fondatamente sospettata di pesanti e ripetute violazioni di diritti umani fondamentali. Forse, in quell’immaginario “Pantheon” un personaggio come Akhmad Kadyrov non entrerebbe all’unanimità nemmeno nella Russia di oggi (o perlomeno a San Pietroburgo).

A guidare parte delle proteste e a coordinare la raccolta firme si sono ritrovati diversi esponenti del partito d’opposizione “Yabloko”, apertamente schierato a disfavore della scelta della giunta di San Pietroburgo arrivando a dichiarare che si potrà “discutere di un Ponte Kadyrov a San Pietroburgo quando ci sarà un Ponte Nemtsov a Groznyj”, la capitale della Cecenia. I destini di Akhmad Kadyrov e di Boris Nemtsov ebbero entrambi lo stesso epilogo: uccisi entrambi da estremisti (anche se presumibilmente per ragioni molto diverse), in entrambi i casi i responsabili dell’assassinio non vennero riconosciuti in modo chiaro ed univoco (alcune piste condurrebbero le responsabolità dell’omicidio Nemtsov direttamente a niente popò di meno che Ramzan Kadyrov!).

Svetlana Gannushkina

Tra le file del partito di opposizione, un membro ha seguito le vicissitudini della famiglia Kadyrov fin dall’inizio: Svetlana Gannushkina.
Candidata alla prossime elezioni della Duma previste per il 18 Settembre, ha da poco espresso il suo rifiuto a condurre una campagna elettorale in Cecenia, non perché tema personalmente di recarsi nella regione quanto per non mettere a repentaglio l’incolumità dei suoi eventuali sostenitori.

A proposito dei suoi “rapporti” con la politica cecena e le sue massime cariche, la Gannushkina (candidata al Nobel per la Pace nel 2010) ha recentemente sottolineato come la situazione socio-politica nella repubblica caucasica è da sempre stata la causa madre dell’alto numero di richiedenti asilo russi che si è riversato in Europa dal 2004 ad oggi.

Si segnala, a riguardo, che il flusso di migranti forzati dal Caucaso del Nord sembra generare situazioni critiche verso confini dell’UE di cui poco si parla. Circa un migliaio di profughi ceceni sono attualmente bloccati a Brest (Bielorussia) alle porte della Polonia, indice del fatto che alcuni dei conflitti che potrebbero aggravare l’attuale crisi dei rifugiati si consumano nel cortile Est della fortezza dell’Unione Europea.

Ramzan Kadyrov in persona si è espresso in termini molto ambigui a quegli stessi migranti esuli che avessero intenzione di ricollocarsi ai piedi del Grande Caucaso: “Voi state nuocendo a voi stessi. Fra cinque o dieci anni, quando sarete più saggi o quando i vostri famigliari vi chiederanno di ritornare a casa, o quando sarete butttati fuori dall’Europa o non avrete altro posto dove andare, allora dovrete rispondere ad ogni mia parola. Conosco ogni sito, ogni account, sia di Facebook che di Instagram che di altri social media, delle persone che stanno vivendo in Europa. Possiedo ogni vostra parola scritta, ogni dato su di voi e so chi siete. Questa è l’era della tecnologia e noi sappiamo da dove state scrivendo, voi siete nelle nostre mani. Quindi, non fate del male a voi stessi.

San Pietroburgo sarà probabilmente teato russo-ceceno per capire se si siano effettivamente spenti.

Consigliati per voi:
– Libro:“Oblomov” – Ivan Aleksandrovic Goncharov
– Brano musicale: un classico del soviet rock “DDT – Notti Bianche”

 

 

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