A cura di Daniel Cabrini
La mafia al nord non esiste!
È ora di mettere da parte i discorsi sulle mafie in Italia! Già Totò Riina, durante il processo per l’omicidio del giudice Antonino Scopelliti, aveva affermato che “sono i comunisti che portano avanti queste cose” e “il governo si deve guardare da questi attacchi“. Persino l’ex premier Silvio Berlusconi, nel 2010, aveva informato il Paese che la mafia esiste ma se ne dà una rappresentazione esagerata, per colpa della tv e di qualche libro. Gli fece eco anche Marcello dell’Urti, già politico e dirigente d’azienda, senatore per il PDL e Forza Italia, il quale affermò che “no, la mafia non esiste“, per poi essere condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa.
Tutto ciò però riguarda l’Italia nel suo complesso e, come si sa benissimo al nord, significa che vale solo per il sud! L’idea che aveva espresso l’ex ministro e attuale governatore di regione Lombardia, Roberto Maroni, era infatti quella che al nord non esistessero le organizzazioni criminali. Secondo lui le mafie erano presenti solo al sud, ma il nord ne era immune. L’evento che ha colpito l’ex tesoriere della Lega Nord, Francesco Belsito, caduto in disgrazia poiché secondo gli inquirenti “riciclava i soldi della ’ndrangheta” non è, come si può ben vedere, correlato al territorio.
Per qualcuno però non è così.
Da anni viene studiato il fenomeno socio-economico-politico dello spostamento a nord delle organizzazioni di stampo mafioso che si stanno infiltrando come un polpo nella struttura lombarda. Questa situazione è nota alle forze dell’ordine ma non è ancora pienamente accettata da tutti i cittadini del nord, anche alla luce della maxi-operazione volta a colpire la ‘Ndrangheta calabrese e le collegate cosche milanesi, perpetrata dalle Direzioni Distrettuali Antimafia (DDA) dei tribunali di Reggio Calabria e Milano a partire dal 2003 e ancora in corso.
La costante lotta alla criminalità organizzata al nord, portata avanti dall’unione delle forze di polizia, dai magistrati, dai carabinieri, può essere vinta solamente attraverso la società civile poiché ogni singolo cittadino ha il diritto e il dovere di rifiutarsi di sottostare alle imposizioni di chi le regole dello Stato non sa cosa siano. Per fare ciò è necessario informarsi e capire, trovare un punto di partenza per conoscere il fenomeno.
L’idea di un articolo che tratti un tema come questo, talmente attuale da essere spesso dato per scontato, nasce infatti in seguito alla partecipazione alla serata organizzata il 3 maggio 2016 a Clusone dal neonato progetto cultura ALIA, dall’associazione Il Testimone e dal Circolo Baradello, nella quale si è trattato il tema della colonizzazione mafiosa del nord. La serata è stata introdotta dai professori Cossali e Servillo e ha avuto come ospiti il professor Nando Dalla Chiesa – docente di sociologia della criminalità organizzata, esperto di mafie e figlio del grande Generale Dalla Chiesa – e la dottoressa Federica Cabras, dell’Osservatorio sulla criminalità organizzata di Milano.
L’informazione è necessaria per difendersi poiché se è vero che le organizzazioni criminali (principalmente mafia, ndrangheta e camorra) nascono al sud e lì hanno sempre avuto le loro “basi”, è altrettanto vero che negare che le stesse, oltre a quelle straniere, si stiano radicando al nord è il vero e proprio lasciapassare che permette loro di operare quasi liberamente.
La follia di credere che la Lombardia sia esente dalle infiltrazioni mafiose è confermata dal fatto che la commissione nazionale antimafia inserisce la Lombardia nelle regioni a “TRADIZIONALE infiltrazione mafiosa“, tant’è che il presidente della commissione parlamentare antimafia, Rosy Bindi, afferma che nella classifica nazionale essa si attesta al 4° posto dopo le tre regioni che hanno dato alla luce le grandi cosche.
Tutto sta nel saper riconoscere il fenomeno.
Come è noto in ambito strategico, gli stereotipi non aiutano a conoscere il nemico; già Sun Tzu nell’ Arte della Guerra affermava che “se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura. Se conosci te stesso ma non il nemico, le tue probabilità di vincere e perdere sono uguali. Se non conosci il nemico e nemmeno te stesso, soccomberai in ogni battaglia” e noi tutti perdiamo ogni giorno mentre questo fenomeno prosegue.
La mafia, come viene riportato nel libro Passaggio a nord, la colonizzazione mafiosa di Nando Dalla Chiesa, non è cambiata, “non c’è una mafia nuova da contrapporre a una mafia folclorica. Quella che consideriamo folclorica, con i suoi riti di affiliazione e i suoi codici, è esattamente quella che agisce oggi, con le dovute e fisiologiche eccezioni“. A nord, nell’immaginario collettivo, il mafioso del nuovo millennio viene definito come un signore in doppio petto, con la valigia piena di soldi, che opera dagli attici della city e i cui figli studiano a Oxford e Boston. La realtà è ben diversa.
Il mafioso del nuovo millennio decide nei bar e nei ristoranti dei piccoli paesi di provincia, da Bergamo a Como, da Brescia a Pavia, davanti a chiunque, non si muove con disinvoltura nel mezzo del caos cittadino, ha timore di restare solo e ha bisogno degli affiliati per operare. Il mito del mafioso finanziere è stato sfatato anche dallo straordinario giudice Falcone, che affermava a suo tempo: “si sente ripetere sui giornali che il riciclaggio passa attraverso le finanziarie di Milano. Ma quante ne sono state identificate? Pochissime. Si dice da più parti che i riciclatori si servono delle operazioni di Borsa. Quante operazioni di questo tipo abbiamo scoperto? Nessuna, che io sappia.”
Come afferma Dalla Chiesa, le attività perpetrate dai clan sono ancora riconducibili alla coppia terra e fuoco: “la terra del latifondo o della imposizione dei prezzi agricoli“, “la terra della speculazione edilizia e dei piani regolatori e di governo del territorio“, la terra “dell’edilizia e dei lavori pubblici o dello smaltimento dei rifiuti e perfino le spiagge dei lidi balneari“. Il fuoco invece è legato agli incendi, esplosioni che colpiscono “i vigneti del barone come i cantieri edili da assoggettare come i negozi dei commercianti da estorcere“. Se brucia o viene messo a soqquadro un cantiere, se viene incendiata o distrutta una macchina o un negozio, l’opinione pubblica non se ne accorge; il linguaggio delle mafie è diverso da quello comune ma esiste, parla al diretto interessato e a chi gli sta accanto.
Per questo a nord soprattutto la ‘ndrangheta si muove a livelli bassi, in piccoli comuni sia ad alta che a bassa intensità di popolazione, dove è più semplice muoversi. I primi comuni lombardi a subire il processo di infiltrazione furono quelli dove non erano presenti caserme dei carabinieri, poiché dove lo Stato è meno presente, chi usa la forza armata diventa il padrone. Nei piccoli comuni di provincia, lontani dalla vita cittadina, non arriva lo sguardo dell’opinione pubblica, non ci sono importanti università, partiti politici, grosse associazioni; la società non è formata né preparata ed è più semplice girare la testa e far finta che nulla sia accaduto e che nulla accada. Ciò porta il territorio ad assoggettarsi alle regole del losco, ad abbandonare la legalità.
Le attività predilette al nord spaziano dalla piccola edilizia che viene acquisita spesso attraverso prestiti agli imprenditori che credono di fare affari ma finiscono nell’usura, alla movimentazione a terra, dai lavori pubblici, vinti tramite intimidazioni silenziose ai funzionari comunali e ai preposti al controllo, al gioco d’azzardo, principalmente sale slot. Passano dalle piccole pizzerie, ristoranti e bar, seguendo lo stile americano volto al controllo del territorio, agli alberghi; dallo sport ai rifiuti alle imprese di pulizia.
Come riportato da un uomo delle forze dell’ordine durante la serata del 3 maggio organizzata da ALIA: “i dipendenti delle aziende di pulizia hanno accesso a luoghi in cui a volte nemmeno noi possiamo accedere” come commissariati di polizia, uffici di giudici che seguono le indagini antimafia, sale riunioni di grosse imprese. I mafiosi non si prendono i giornali ma i giornalisti che influenzano l’opinione pubblica, non le scuole ma i docenti o i dirigenti di scuole private, che in cambio di favori regalano a qualcuno promozioni immeritate e innalzamenti di voti. E cosi via.
Last but not least la sanità.
Come spiega Federica Cabras nel libro di Dalla Chiesa, la sanità è un mondo ricco in Lombardia. Facendo riferimento a Regione Lombardia, per il 2016 il bilancio è stabilito in 25 miliardi e 634 milioni dei quali più di 18 miliardi sono destinati al sistema socio-sanitario all’interno dei quali quasi 16 miliardi riguardano la spesa sanitaria. In questo settore i vantaggi e le opportunità vanno oltre al semplice ambito economico e si mischiano con il potere politico e amministrativo.
Travolgente è stato il caso di Carlo Antonio Chiriaco, direttore sanitario dell’Asl di Pavia, provincia di eccellenza europea in ambito sanitario, il quale è stato condannato in cassazione per concorso esterno in associazione mafiosa. Per i magistrati l’ex manager era il punto di contatto tra la criminalità organizzata sul territorio e il mondo politico, favorendo scambi di voti e favori e promuovendo il radicamento della ’ndrangheta. Non è ancora tutto: sul libro paga della criminalità organizzata rientrano anche infermieri, medici, segretari, oss che permettono la libera circolazione e il libero utilizzo di mezzi e strutture per fini criminosi e che aprono le porte a quel “passaggio a nord”.
Per concludere.
È importante essere coscienti di cosa ci sta attorno, l’indifferenza non è uno strumento utile alla lotta alla criminalità. Perché i giudici che scagionano i mafiosi solo perché “al nord la mafia non esiste” fanno il loro gioco; perché la cassazione che distrugge le sentenze di mafia al nord permette al fenomeno di radicarsi; perché accettare di uscire dalla legalità solo perché è più conveniente per se stessi è la distruzione della qualità del lavoro che il nord vanta da decenni; perché fomentare il mercato della droga ha permesso alle mafie di tutto il mondo di accaparrarsi pezzi di Lombardia (si pensi che nel 2016 tutte queste organizzazioni criminali possono convivere serenamente poiché il consumo di cocaina da parte dei lombardi è di gran lunga superiore all’offerta).
Il risultato è che dove c’è la mafia non vanno i meritevoli, vanno i peggiori. Dove c’è la mafia non c’è più la possibilità di operare legalmente. Dove c’è la mafia c’è corruzione e si sa, la corruzione distrugge benessere, distrugge punti di PIL, distrugge libertà, distrugge progresso (soprattutto se si calcola che una tangente costa quanto 2000 assegni di ricerca), distrugge diritti e futuro. E’ necessario tornare nella legalità.
Quando lo Stato fa lo Stato e la società civile fa la società civile allora si vincono le battaglie. In caso contrario la sconfitta sarà il cubo di cemento ai piedi di un paese che galleggia con difficoltà all’interno di un sistema mondo sempre meno magnanimo verso gli inefficienti e i senza diritti.
Buongiorno, sono Tommaso Tino, autore della campagna “la mafia non esiste” sarebbe corretto avere i credits da qualche parte vicino all’immagine.
Cordiali saluti
Tommaso Tino
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Gentile signor Tino, a nome della redazione chiedo scusa per l’inconveniente, avviso subito il redattore per inserirli. Cordialmente, Giulia per Leggerò Leggero
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