Il 17 aprile 2016 i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimere la propria volontà in un referendum popolare. Sul tema di tale referendum sta esplodendo, come spesso accade per argomenti oggettivamente poco digeribili, un vulcano di opinioni, difficilmente valutabili con razionalità. Per questo motivo ritengo siano utili alcune informazioni di base, per avere un’idea minima sulla scelta che ci si prospetta.
Il referendum è proposto da nove Consigli regionali: Basilicata, Marche, Puglia, Sardegna, Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise. Il referendum abrogativo influisce sull’articolo 6 comma 17 del D.Lgs. 152/2006, così come modificato dal comma 239 dell’articolo 1 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208, Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato, ovvero la famosa legge di stabilità del 2016.
Il testo completo del quesito referendario accettato dal Consiglio di Stato e confermato dalla Corte di Cassazione è il seguente:
Volete voi che sia abrogato l’art. 6, comma 17, terzo periodo, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, “Norme in materia ambientale”, come sostituito dal comma 239 dell’art. 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208, “Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2016)”, limitatamente alle seguenti parole: “per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale”? Per saperne di più >>>
In sostanza si chiede, appunto, che la modifica al Decreto Legislativo 152/2006 “Norme in materia ambientale” fatta dall’articolo 1 comma 239 della Legge 208/2015 venga cancellata.
Per avere una visione completa degli scenari normativi possibili conseguenti alla vittoria del “si” o la vittoria del “no”può essere utile lo schema proposto dal documento della Camera dei Deputati. Si evidenzia sulla sinistra il testo previgente, che verrebbe ripristinato dalla vittoria dei sì e sulla destra il testo modificato, che verrebbe confermato dalla vittoria dei no. In neretto sono evidenziate ulteriormente le modifiche apportate e il motivo del contendere referendario.
Testo previgente | Testo in vigore dal 1° gennaio 2016 |
17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. |
17. Ai fini di tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette per scopi di tutela ambientale, in virtù di leggi nazionali, regionali o in attuazione di atti e convenzioni dell’Unione europea e internazionali sono vietate le attività di ricerca, di prospezione nonché di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge 9 gennaio 1991, n. 9. |
Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette, | Il divieto è altresì stabilito nelle zone di mare poste entro dodici miglia dalle linee di costa lungo l’intero perimetro costiero nazionale e dal perimetro esterno delle suddette aree marine e costiere protette. |
fatti salvi i procedimenti concessori di cui agli articoli 4, 6 e 9 della legge n. 9 del 1991 in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 29 giugno 2010, n. 128 ed i procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi, nonché l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data, anche ai fini della esecuzione delle attività di ricerca, sviluppo e coltivazione da autorizzare nell’ambito dei titoli stessi, delle eventuali relative proroghe e dei procedimenti autorizzatori e concessori conseguenti e connessi. | I titoli abilitativi già rilasciati sono fatti salvi per la durata di vita utile del giacimento, nel rispetto degli standard di sicurezza e di salvaguardia ambientale. |
Le predette attività sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attività di cui al primo periodo, fatte salve le attività di cui all’articolo 1, comma 82- sexies, della legge 23 agosto 2004, n. 239, autorizzate, nel rispetto dei vincoli ambientali da esso stabiliti, dagli uffici territoriali di vigilanza dell’Ufficio nazionale minerario per gli idrocarburi e le georisorse, che trasmettono copia delle relative autorizzazioni al Ministero dello sviluppo economico e al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare. | Sono sempre assicurate le attività di manutenzione finalizzate all’adeguamento tecnologico necessario alla sicurezza degli impianti e alla tutela dell’ambiente, nonché le operazioni finali di ripristino ambientale. |
In Italia la gestione, la programmazione e il controllo delle attività di prospezione, ricerca e concessioni di coltivazione degli idrocarburi è affidata al Ministero dello Sviluppo Economico, specificatamente alla DGS-UNMIG, cioè la Direzione Generale per la Sicurezza anche ambientale delle attività minerarie ed energetiche e l’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse. Come tutti gli enti pubblici ha un sito istituzionale dove poter visionare le attività e i documenti relativi alle sue competenze.
Le società titolari di permessi e concessioni nel territorio nazionale del Mar Mediterraneo, quindi interessate alla normativa in questione, sono attualmente 53 per quanto riguarda la ricerca e la coltivazione di idrocarburi, 5 di stoccaggio dei gas naturali, 23 di ricerca e coltivazione di risorse geotermiche. Le strutture, delle piattaforme marine e strutture assimilabili, ubicate entro il limite delle 12 miglia dalla costa e dalle aree protette attualmente sono 92 su 135 dichiarati.
Per una maggiore comprensione del tema potrebbe essere utile visionare la sezione che propone, oltre a schede tecniche, anche un’immagine esplicativa della suddivisione in zone, in funzione delle possibilità o divieto di richiedere ulteriori concessioni, usando la cartografia delle zone.
Il motivo per cui i proponenti ritengono importante abrogare la modifica effettuata dalla Legge di Stabilità 2016 è da ricercare principalmente in ciò che un’impresa chiamerebbe vision. In campo energetico chiedono di investire in rinnovabili, per abbandonare i combustibili fossili nel più breve tempo possibile; chiedono la salvaguardia dell’ambiente, della fauna ittica; di ritornare a valorizzare le risorse del mare partendo dalla tutela della biodiversità. Perpetrare lo sfruttamento dei giacimenti in ambito marino andrebbe, secondo i promotori, contro la COP21 di Parigi, ossia l’accordo di Parigi sul clima. Per saperne di più >>>.
Non ultimo il motivo economico. I promotori pensano che prorogare fino a durata di vita utile del giacimento consenta, a chi ha attualmente il titolo autorizzatorio, di essere nella posizione di non dover ricontrattare con gli Enti preposti, eludendo la libera concorrenza che, invece, si potrebbe verificare alla fine naturale dell’autorizzazione.
Le ragioni del “no” orientano il loro diniego a favore del fatto che rinunciare a una risorsa naturale porterebbe a una perdita economica sensibile al nostro Paese. Sostengono che le trivellazioni marine abbiano permesso di ridurre sensibilmente l’importazione di idrocarburi, a beneficio della bilancia dei pagamenti. Per saperne di più >>>
Portano a esempio la Norvegia, che può essere annoverata tra le Nazioni più attente in ambito ambientale, per essere la terza per esportazione di combustibile fossile al mondo occupando il 25% del suo PIL.
Le parti sociali a favore del “no”, ritengono ci possa essere un importante ritorno negativo sotto il profilo occupazionale, per eventuali cessazioni di attività estrattiva, sia diretta sia nell’indotto, soprattutto nelle zone in cui sono ubicati le stazioni di trivellazione. Evidenziano che non ci sarebbero stati incidenti nelle piattaforme di trivellazione marine italiane, quindi il rischio è inesistente, considerando molto attenta la normativa vigente in materia di controllo.
Se siete riusciti ad arrivare alla fine dell’articolo e state leggendo questo mio epilogo avete una forza di volontà ammirevole. Per questo motivo tengo a sottolineare che ho cercato di essere il più imparziale possibile nell’esposizione di questo tema. È ovvio che io abbia un’opinione al riguardo, ma non è mia intenzione esplicitarla e spero non si sia in alcun modo percepita da quanto scritto sopra. L’obiettivo era semplicemente quello di dare strumenti di valutazione autonoma.
Su una cosa voglio però sbilanciarmi esprimendo la mia opinione personale. Votare è un Diritto, ma anche un Dovere. Concordo nel fatto che in democrazia ha posto anche l’astensione, la libertà di pensiero e di azione nei limiti di legge è democrazia. Su temi così importanti è a mio avviso però doveroso esprimere una manifestazione di volontà. A volte, come in questo caso, è estremamente complesso. È esattamente per questo però che la mia opinione è che si abbia tutti il dovere di informarci per esprimere la nostra volontà, qualunque essa sia. Questo pezzo ha voluto cercare di trasmettere questa informazione e questo stimolo.