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Appunti di Cooperazione Internazionale

USA-Cuba: un altro muro che crolla

A cura di Davide Garlini

Sono certo che ben pochi di fra i nostri lettori, in un eventuale sondaggio, saprebbero indicare anche solo vagamente chi fosse il Sig. Calvin Coolidge, o in che epoca egli visse, o che lavoro facesse. Voglio però essere onesto con chi è così disponibile da dedicare qualche minuto del suo tempo alle mie parole: non ne sarei stato in grado neppure io fino a poco fa. Ovvero fino al mio incarico di realizzare un articolo sul recentissimo viaggio di Barack Obama a Cuba. Calvin Coolidge fu il trentesimo Presidente degli Stati Uniti, in carica dal 1923 al 1929, nonché ultimo Presidente americano recatosi in visita ufficiale nell’isola caraibica, per la precisione nel 1928. Per i successivi 88 anni, i 14 Capi di Stato statunitensi alternatisi al potere si recheranno praticamente in ogni angolo del mondo, ma non metteranno più piede in una nazione a pochissime ore di volo da Washington DC (Coolidge, per la cronaca, ci andò in nave e ci mise tre giorni). Per saperne di più>>>

Il 21 marzo 2016, con lo sbarco del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama a Cuba, e il 22 marzo 2016, con l’incontro ufficiale tra quest’ultimo e il Presidente del Consiglio Cubano Raul Castro (fratello minore del più noto Fidel) si è messo fine a un’assenza lunga quasi un secolo e con radici storiche, politiche ed economiche la cui conoscenza è fondamentale (se non altro per il fatto che a Cuba, nel corso della Guerra Fredda, è passato il destino dell’intera umanità, sull’orlo dell’autodistruzione per 13 lunghi giorni nel lontano, ma non troppo, 1962).

Ma andiamo con ordine. Per riconoscere i veri motivi per cui l’atterraggio dell’Air Force One aeroportuale dell’Avana, alle ore 16:19 di lunedì scorso, rappresenta un’autentica pagina di storia bisogna comprendere quanto accaduto (ma anche non accaduto) tra questi due Paesi nel corso dei decenni precedenti. Decenni che un termine più di ogni altro può riassumere: el bloqueo. L’embargo, ovvero la sospensione delle forniture militari o di altre merci decisa da uno o più Paesi nei confronti di altri, in questo caso decisa dagli Stati Uniti d’America allora guidati da Dwight Eisenhower (la prodigiosa mente militare che concepì lo sbarco in Normandia, divenuto poi Presidente) nei confronti della neocastrista Cuba. Per saperne di più>>>

Persino il più accanito e devoto sostenitore della politica estera americana non potrà disconoscere il fatto che, nel corso della seconda metà del XX secolo, gli Stati Uniti si siano resi protagonisti di atti criminali di vario genere. Nello specifico, del rovesciamento più o meno violento ma mai del tutto pacifico di tutta una serie di governi stranieri considerati scomodi o potenzialmente dannosi per gli interessi della Casa Bianca in quella determinata parte di mondo. Dal 1 gennaio 1959, con la presa di potere di un personaggio quale Fidel Castro, il governo di Cuba stava facendo passi da gigante per rientrare a tutti gli effetti nella categoria appena citata. Uno di questi passi fu il decreto di nazionalizzazione di tutte le raffinerie di petrolio sul territorio, firmato dal ministro dell’industria Ernesto Che Guevara il 29 giugno 1960. Decisione che, come l’iraniano Mohammad Mossadeq aveva insegnato al mondo 7 anni prima, costituiva l’assoluta garanzia di quella che Henry Kissinger (premio Nobel per la pace e più grande criminale dell’umanità tutt’ora vivente e tutt’ora impunito) definiva “orderly, peaceful, democratic transition of power”, più obiettivamente: un golpe, un colpo di stato, un rovesciamento di potere.

La regola statunitense non fece eccezioni neppure per Cuba, la quale sarebbe tutt’oggi nella triste lista nella quale compaiono, tra gli altri, Brasile, Argentina, Cile, Bolivia ed Equador solo restando nell’emisfero occidentale. E questa “non eccezione” si verificò tra il 17 e il 19 aprile 1961, con quella che rimarrà nella storia come l’invasione della Baia dei Porci, ovvero il tentativo da parte di esuli cubani e mercenari addestrati dalla CIA di conquistare l’isola e, appunto, rovesciare il governo castrista. Un’eccezione però ci fu: diversamente da quanto avvenne nei Paesi sopracitati e in molti altri in diverse parti del mondo, il tentativo cubano non ottenne i risultati auspicati e le forze di invasione vennero sconfitte in tre giorni di combattimenti.

In un contesto di piena Guerra Fredda, nel quale neppure il più remoto angolo del pianeta poteva permettersi di non schierarsi, un episodio come la Baia dei Porci non poté non provocare un ulteriore avvicinamento del governo cubano, già di per sé filo-socialista, alle politiche sovietiche. Si prospettava quindi un rilevantissimo problema geopolitico per gli Stati Uniti d’America: reduci da una sconfitta militare e da una conseguente pessima figura su scala mondiale, essi si ritrovavano ora con un Paese filo sovietico nel cortile di casa, lo stesso Paese del quale, fino a due anni prima, essi erano il principale partner commerciale.

Ed è in questa fase che scatta il celebre bloqueo, il blocco, ufficialmente iniziato con il Proclama 3447 del febbraio 1962, con il quale John F. Kennedy, succeduto ad Eisenhower, ampliò le restrizioni commerciali già varate da quest’ultimo e impose l’embargo su ogni tipo di scambio. Per saperne di più>>>
Ovviamente non abbiamo in questa sede lo spazio necessario per una precisa e dettagliata descrizione delle caratteristiche tecniche di tale risoluzione, mi permetterò quindi di riassumere il tutto in modo senz’altro sbrigativo ma, mi auguro, sufficientemente chiaro: una volta che gli Stati Uniti si erano resi conto di non poter ottenere il rovesciamento di Fidel Castro con mezzi militari, scelsero la via delle privazioni economiche, tagliando qualunque tipo di rifornimento all’isola caraibica. Una sorta di assedio in base al quale, se Cuba non si arrendeva alle armi, si sarebbe arresa alla fame e alla povertà. Inutile sottolineare che, se la fine dell’embargo sta venendo negoziata in questi giorni da Barack Obama – più di cinquantanni dopo il suo inizio e più di vent’anni dopo la fine della Guerra Fredda – il governo americano dell’epoca aveva ancora una volta fatto male i suoi calcoli.l culmine della tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica fu raggiunto nel mese di ottobre 1962, durante il quale Cuba fu indiscutibilmente la nazione più importante del mondo, vero e proprio ago della bilancia nel corso di tredici interminabili giorni che rappresentano tutt’oggi il punto più vicino all’autodistruzione che l’umanità abbia mai raggiunto. Mi riferisco ovviamente alla Crisi dei Missili di Cuba, provocata dall’installazione di batterie di missili nucleari sovietici in territorio cubano.

Anche in questo caso, ci vorrebbero pagine e pagine per narrare in maniera vagamente completa quanto accadde in quelle due settimane. I negoziati furono carichi di astio e diffidenza, Kennedy ordinò una quarantena navale sull’isola (guardandosi però dall’utilizzare il termine “blocco navale”, in quanto interpretabile come formale atto di guerra in base al diritto internazionale). La crisi terminò con la rimozione dei missili da Cuba in cambio del ritiro dei missili che tempo prima gli Stati Uniti avevano installato in Turchia e la garanzia che Washington non avrebbe mai più tentato di invadere l’isola. Le restrizioni commerciali verso Cuba furono però ulteriormente intensificate a seguito degli avvenimenti dell’ottobre ’62. Avvenimenti che il compianto intellettuale anglo-americano Christopher Hitchens descrisse meglio di chiunque altro: “I will never forget the 13 days during which Kennedy and Chruščëv almost killed me”. Per saperne di più>>>

Per motivi di spazio, ma anche per la scarsità di eventi rilevanti nei cinquant’anni successivi, ci vediamo costretti a fare un balzo nel tempo, atterrando nell’anno 2014, durante il quale i due Paesi compirono decisivi passi di riavvicinamento con dichiarazioni di apertura e gesti quali il rilascio di detenuti americani a Cuba e viceversa e la concessione a ispettori delle Nazioni Unite da parte di Raul Castro (succeduto all’anziano fratello nel 2008) di visitare l’isola. A ciò fecero seguito numerose aperture economiche da parte del governo americano a favore di Cuba. Dopo più di cinquant’anni il ghiaccio iniziava a sciogliersi, il muro politico ed economico più duraturo di tutta la Guerra Fredda (ideologicamente costruito contemporaneamente a quello di Berlino ma resistito almeno quindici anni di più) cominciava a mostrare delle crepe.

Crepe che proprio in questi giorni, nel 2016, stanno trasformandosi in un vero e proprio squarcio, fino ad arrivare alla definitiva e totale apertura. Ed è esattamente ciò che ha indotto Leggerò Leggero a realizzare un articolo extra apposta per questo tema: la storica visita del Presidente degli Stati Uniti Barack Obama a Cuba. Il passo più concreto di sempre verso la fine di una risoluzione che puzza di stantio e di vecchio e che non ha più alcun motivo di esistere.

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Questa voce è stata pubblicata il 25 marzo 2016 da in Geopolitica, Storia con tag , , , , , , , , , .
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