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Appunti di Cooperazione Internazionale

Inchiesta Isis e Islamofobia – La creazione di un nemico per ridefinire la propria identità

A cura di Omero Roberto Nessi e Flavia Viglione

Si ha necessariamente bisogno di un nemico per rafforzare la propria identità? La mia risposta da cittadino del mondo, ateo, agnostico e relativista è: no! Io sono ciò che sono, e l’altro è ciò che è. L’identità è il risultato del proprio vissuto, della propria storia.
Spesso, però, ci accorgiamo di essere nel momento in cui incontriamo chi non lo è e ce lo fa notare. Accade un po’ come per la respirazione. Ci accorgiamo di respirare solo quando qualcosa di esterno ce lo fa notare. E’ perfettamente normale, quindi, che per raggiungere lo scopo di consolidare la propria identità tramite l’appartenenza, si tenda ad identificare un individuo categorizzandolo in un determinato stereotipo: io appartengo, lui non appartiene. E’ necessario dare una spiegazione all’esclusione poiché il genere umano è un animale sociale e come tale ha pulsione verso la socializzazione. La migliore modalità per ovviare a questa pulsione è definire chi appartiene come buono, e chi non appartiene come cattivo. Fa parte della stessa tendenza chiudere l’altro al di fuori della propria sfera anche per poter definire, oltre cosa si è, anche cosa non si è.

Tutti questi meccanismi rispondono ugualmente all’insito dubbio umano del dover sapere cosa si è, quando poi in realtà ciò non è mai precisamente definibile e, anche dopo aver provato a distinguersi stabilendo cosa non si è, si rimane comunque con il vuoto del non essere ancora riusciti a delineare il proprio essere; da qui nasce l’eterna frustrazione di tanta gente che “odia”. Per buona pace di tutti questo processo è applicabile a tutti gli attori della relazione. Nel caso specifico è riferito sia agli occidentali sia ai non occidentali. E’ forse così che si è arrivati alla situazione attuale cosiddetta di scontro fra civiltà? Di certo c’è che i fattori sono necessariamente molto più complessi, e non si devono individuare in un singolo elemento: tenere conto anche di questo potrebbe essere utile per intraprendere il percorso di soluzione.

Occorre ricordare un esperimento, riguardo alla definizione dell’identità personale in riferimento alla socializzazione, chiamato esperimento Klee-Kandinskij. Questo esperimento guidato da Henri Tajfel e altri, sembrerebbe avvalorare il concetto secondo il quale l’appartenenza a un gruppo, chiamato “in-goup”, fortifichi la definizione della propria identità personale, anche tramite il processo di denigrazione degli appartenenti a un altro gruppo, chiamato “out-group”, sostanzialmente senza alcun motivo razionalmente importante. Basti pensare che la dinamica della denigrazione, nell’esperimento, si evidenzia tra comunità di persone create artificialmente,valutando esclusivamente la propria preferenza rivolta a un pittore, Klee, rispetto a un altro, Kandinskij. E’ da notare che il bias nei confronti degli appartenenti all’ out-group si estende a tutto lo spettro di elementi costitutivi degli individui. E’ quindi istintivo, naturale, irrimediabilmente, biasimare il diverso? E’ necessario identificare l’altro, colui che è diverso da noi, tramite un’accezione negativa per rendere definita la propria identità?

L’arabo, il musulmano e qualsiasi individuo che proviene da una cultura e una regione diversa del mondo non è un terrorista. I terroristi sono persone con una concezione della vita differente, sia alla nostra sia a quella degli arabi sia a quella dei musulmani.
In più c’è da analizzare l’egocentrismo proprio dell’Occidente che crede di essere il migliore tra le altre culture e si pone al di sopra di esse a prescindere. Questo rientra nel concetto antropologico di etnocentrismo, ovvero la convinzione comune di far parte della cultura migliore tra le altre, continuando ad ignorare quanto la “superiorità” di una cultura su di un’altra non si altro che un abbaglio che oscura la vera natura di relatività di ogni società. In quest’ottica si possono e si devono analizzare, per cercare di estirparle, le radici che innescano la crescita di quelle erbacce che tolgono nutrimento alle piante che ,invece, alimentano e nutrono l’organismo. L’organismo è la società civile globale. L’obiettivo è la pace perenne; utopico quanto volete, ma obiettivo imprescindibile di ogni azione che voglia essere costruttiva.

2 commenti su “Inchiesta Isis e Islamofobia – La creazione di un nemico per ridefinire la propria identità

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