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Appunti di Cooperazione Internazionale

Cos’è uno squat?

A cura di Marco Brignoli

Ripartendo dal mio ultimo articolo, “Il diritto all’occupazione” vorrei spendere qualche parola rispetto alle modalità di riappropriazione degli spazi urbani.

Occupare. Quasi tutti conosciamo il significato di questa parola ma, nella realtà dei fatti, sappiamo veramente cosa comporta? Mi sono più volte sorti dubbi riguardo alle consuetudini di questa pratica, tanto comune quanto sconosciuta, nelle procedure d’attuazione. L’obiettivo che mi propongo è quello di fare luce su alcuni punti equivoci dell’occupare aiutandomi con una guida scritta da un collettivo francese di squatters che dal 1999 a oggi ha continuato ad aggiornare il manoscritto fino a farlo diventare un testo di riferimento per gli squatters di tutto il mondo. La guida, Le squat de A à Z, è disponibile online e tradotta in varie lingue. Vorrei comunque iniziare dandovi la definizione di squat secondo il collettivo francese, per capire il punto di partenza, il punto di vista che ha spinto alla creazione della guida allo squat. Per saperne di più >>>

Squattare significa occupare un edificio abbandonato senza aver chiesto l’autorizzazione al suo “proprietario”. E’, di fatto, non pagare l’affitto ai proprietari che possiedono più di un alloggio quando noi non ne possediamo nessuno. Squattare è criticare in atti un sistema che vuole che i ricchi continuino ad arricchirsi sulla pelle dei poveri. Squattare è anche abitare nel vero senso della parola: è essere libero e responsabile nel proprio luogo di vita. E’ poterci fare quello che si vuole senza referenziarsi ad un proprietario che, in ogni modo, non ci vive.
E’ anche un modo di sopravvivenza quando non si può, o non si può più, pagare un affitto (un modo che può portare a farsi delle domande sui nostri modi di vivere, sul lavoro, la famiglia, la vita collettiva, il tram-tram quotidiano, sulle possibilità di vivere le nostre idee in tale società). Ogni squat è diverso. Il quotidiano dipende largamente dei contesti politici, socio-economici, giuridici, inter-relazionali, ecc… ma ogni squat è “politico”, nella misura in cui capovolge, anche involontariamente, l’ordine sociale e la proprietà privata.

Esistono diversi luoghi comuni, per i quali si ritiene plausibile il fatto di trovarsi squatters in casa al ritorno dalle vacanze o che una casa occupata porti con sé l’aumento della pericolosità nel quartiere. Spesso sono notizie e informazioni veicolate dai media, i quali tendono a esagerare la verità creando una forma di allarmismo nei cittadini. Non nascondo la mia preoccupazione rispetto a questa distorsione della realtà. Fino ad oggi l’occupazione è stato un atto impugnabile dalla giurisdizione civile, cioè un conflitto tra due soggetti, il quale sarà risolto dal tribunale senza rischio di finire in prigione. È la giurisdizione penale che può far si che il soggetto occupante finisca in galera: si può incombere in essa se colti in flagranza durante le operazioni di scasso e introduzione nello stabile, oppure se si occupa un edificio non adatto, così come un edificio che contiene oggetti di valore o ammobiliato. È quindi improbabile che al ritorno dal supermercato ci si ritrovi la casa occupata e anche se dovesse accadere l’intervento delle forze dell’ordine sarebbe immediato e giustificato da una condotta penale del o degli occupanti. Le case possono essere vuote per diversi motivi: speculazione, cumulo di proprietà, progetto pubblico o privato in attesa, riscatto progressivo dei lotti di case per un progetto più ampio, riabilitazione in attesa, insalubrità, divisione sulla successione, dimenticanza, assenza di eredi, fuga del proprietario all’estero in seguito a grane con il fisco o la giustizia.

Uno squat non è, di fatto, solo la dimora di alcune persone svantaggiate, ma rappresenta il reimpossessarsi di un diritto all’abitare, rappresenta una forma di collaborazione tra più individui che hanno le stesse difficoltà economiche, le stesse ambizioni sociali, i quali decidono di occupare per necessità luoghi abbandonati e inutilizzati dai proprietari. Spesso e volentieri siamo stati testimoni di esempi validi di occupazioni, esempi di creazione e produzione di senso, d’informazione e di controinformazione. La Otra Carboneria è un famoso squat situato nella capitale catalana di Barcellona e presenta tutto un mondo da scoprire tra bar, riviste gratuite, atelier di danza, laboratori di musica, proiezioni di film, dibattiti. Ma è solo un esempio tra tanti, uno dei più brillanti. Si tende a parlare degli squat più attivi in ambito artistico e culturale, ne capisco le motivazioni, ma spesso si trascura l’importanza degli squat minori, quelli che rappresentano un tetto sulla testa e una opportunità di rinascita per migliaia di persone in Italia, in Europa e nel mondo.

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