A cura di Marco Brignoli
Ho avuto la fortuna di trascorrere due settimane in diverse città dell’ovest Ucraina durante lo scorso febbraio 2015, proprio a cavallo del vertice sulla crisi ucraina a Minsk. Per saperne di più >>>
Ritengo necessario, per la completa comprensione dell’articolo, partire da un presupposto: le testimonianze riportate sono del tutto personali, sono una rappresentanza delle persone che ho incontrato e rispecchiano quella che è una visione, una percezione della guerra da parte di una fetta di popolazione. La chiamerei una verità nella verità, che più che assoluta, sembra essere relativa. È fondamentale tenere conto dei contesti: tutte le testimonianze provengono da persone che vivono nell’ovest del paese. Le influenze del vecchio continente si fanno sentire molto forti e la gente non lo nasconde. Gli ucraini che ho conosciuto seguono le mode occidentali, ascoltano la nostra musica e aspirano a entrare al più presto nella Comunità Europea. La vicinanza territoriale all’Europa gioca un ruolo fondamentale in questo paese dell’ex Unione Sovietica, immerso in uno scisma culturale intenso.
<<Entrare nell’Unione Europea sarebbe un sogno>> dice S. <<risolveremmo tutti i nostri problemi>> Affermazione non certo priva di fondamento o immotivata dal suo punto di vista. Esiste, infatti, una convinzione generalizzata per la quale si pensa che entrare nell’eurozona significhi salvezza da ogni problema. Oggigiorno il cambio Euro–Grivna si è stabilizzato a dei tassi accettabili ma fino allo scorso febbraio la moneta ucraina valeva la metà rispetto a prima della guerra. Sempre S. continua <<tutti i prezzi sono aumentati del 50 % ma il mio stipendio e la pensione di mia madre sono sempre gli stessi, non riusciamo più ad andare avanti>>.
Oltre ai problemi economici legati alla guerra, ho discorso diverse volte riguardo alla situazione al fronte. Mi è stato raccontato di amici e famigliari partiti da un giorno con l’altro, hanno provato a spiegarmi cosa significa vivere in uno stato d’inquietudine continua e non hanno avuto nessun timore nel raccontarmi il loro rapporto con i russi.
Per A. i russi sono sempre stati dei bugiardi, non fanno altro che passare notizie false nelle loro emittenti televisive e radiofoniche. L’informazione che circola è corrotta.
<<È una guerra mediatica, ci stanno mettendo contro tra fratelli, dicono che noi ammazziamo i nostri connazionali e s’inventano storie assurde per farci odiare>>.
Mercoledì 18 febbraio, tre giorni dopo l’entrata in vigore del cessate al fuoco, sono morti ventidue militari ucraini, sei durante il “ritiro organizzato” da Debaltsevo. È ancora A. che racconta: <<fanno sempre così, hanno lasciato un corridoio per farci uscire, noi abbiamo rispettato il coprifuoco, mentre ci allontanavamo dal centro della città ci hanno attaccato>>. Per saperne di più >>>
Ero presente quando migliaia di persone in tutto il paese hanno bloccato le strade per protesta, protesta contro la guerra, contro i russi che hanno ucciso ventidue ragazzi ucraini durante un “ritiro organizzato”, proteste contro il proprio governo che non riesce a dare risposte concrete. Eppure il paese è tinto di giallo e azzurro, le bandiere e il simbolo della nazione sono visibili in ogni angolo della città, i ragazzi non rinunciano alla propria vita e la sera i pub si riempiono di volti giovani con voglia di divertirsi.
Mi sono sentito spesso dire dagli ucraini quanto loro stessi non sappiano contro chi combattono, perché debbano andare in guerra, rischiare la propria vita e toglierla ai loro connazionali. A oggi ci sono in campo L’Ucraina e i ribelli, la Russia e gli Stati Uniti d’America con i loro interessi economici e strategici, ci sono le forze occidentali e l’ONU ma a oggi l’unico a rimetterci è il popolo di un paese in ginocchio.
“…È una guerra mediatica, ci stanno mettendo contro tra fratelli, dicono che noi ammazziamo i nostri connazionali e s’inventano storie assurde per farci odiare…”
Eppure ci sono un paio di città nell’est che sono state ridotte in macerie a suon di cannonate. Assieme ad una milionata di profughi, dice Ocse. Questo senza voler attribuire alcuna colpa ai privati cittadini ucraini, che ovviamente non possono decidere nulla al riguardo.
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